No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20160610

La stanza

Room - di Lenny Abrahamson (2015)
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)

Akron, Ohio. Joy ha 24 anni, e da sette anni è prigioniera di un uomo che l'ha rapita, adescandola con la scusa di avere un cane malato, l'ha confinata in un capanno isolato dal mondo, chiuso ermeticamente (la porta ha un codice conosciuto solo dall'uomo). La usa come oggetto sessuale, costringendola, a suo piacimento, a rapporti sessuali. Joy, dopo poco più di un anno, è rimasta incinta, ed ha poi partorito Jack, un bambino che adesso ha cinque anni. Jack e Joy condividono il letto, una televisione, un gabinetto, una vasca da bagno, un lavandino, una cucina rudimentale, e un lucernario sul tetto del capanno, l'unica finestra. Joy, quando Old Nick (l'uomo che l'ha rapita) le fa "visita", manda Jack a dormire in un piccolo armadio a muro. Ama alla follia il figlio, nonostante sia frutto di uno stupro, e, per difenderlo dalla innaturale situazione in cui vivono, lo ha cresciuto facendogli credere che le uniche cose reali sono quelle in quella che loro chiamano Room, e tutto il resto è finzione, ed esiste solo dentro la tv. Prova in ogni modo a rimanere positiva, per non compromettere la crescita di Jack, ma è sempre in bilico fra malnutrizione e depressione. Quando una sera Old Nick le dice che sta per perdere il lavoro e non è sicuro di poter continuare a pagare cibo, elettricità e riscaldamento, Joy reagisce male, e Old Nick taglia l'elettricità e il riscaldamento al capanno. Joy decide di raccontare la verità a Jack, che naturalmente, reagisce dapprima con incredulità e perfino arrabbiandosi con lei, poi, pian piano, cede alla curiosità. La madre decide quindi di tentare la fuga, avendo il figlio cominciato a comprendere la situazione: dapprima simula una febbre altissima di Jack, sperando che il loro aguzzino lo porti in ospedale, ma Old Nick promette solamente che il giorno seguente tornerà con degli antibiotici. Joy tenta una mossa ancor più disperata: con l'aiuto di un Jack spaventatissimo, simula la di lui morte. Spera in quel modo, avvolgendolo in un tappeto, che Old Nick lo metta nel retro del suo pick up, e lo porti in un posto isolato dove seppellirlo o lasciarlo abbandonato. Joy istruisce Jack, dicendogli che appena sentirà il pick up fermarsi, lui dovrà saltare giù dalla vettura, e chiedere aiuto alla prima persona che incontrerà. Arrivati al momento fatidico, Old Nick se la beve...

Film bello, intenso, decisamente da non perdere, questo quinto lavoro del regista irlandese, che dopo Adam & Paul, Garage, Frank e What Richard Did (quest'ultimo non l'ho visto, ma lo recupererò presto), si è decisamente ritagliato un posto tra i miei registi preferiti. La storia, scritta da Emma Donoghue e tratta dal suo omonimo libro, è a sua volta ispirata alla tragica vicenda Fritzl. Il film è stato candidato a tre Oscar nell'ultima edizione degli Academy Awards (miglior film, miglior regia, migliore attrice protagonista), e ne ha vinto uno: quello a Brie Larson, la Kate di United States of Tara, qui protagonista nella parte di Joy Ma Newsome, devo ammettere, straordinaria.
Il film è diviso in due parti, se così possiamo dire, entrambe molto belle, seppure molto diverse. La prima è quella della cattività, ed è segnata, oltre che dal "nervosismo" della telecamera, dalla lotta della giovane donna per provare a crescere il figlio cercando di proteggerlo anche psicologicamente. La seconda è quella apparentemente più rilassata, ma invece è paradossalmente quella mentalmente più difficile: quella del rientro nella vita reale, e delle difficoltà enormi, incontrate soprattutto dalla giovane madre, se confrontate con quelle del figlio, che, come correttamente lo definisce il dottore che li prende in cura, è ancora "malleabile" (plastic in originale).
Eccezionale anche Jacob Tremblay, attualmente nove anni, già consumato attore, nel ruolo di Jack. Come detto, da non perdere.

Beautiful movie, intense, definitely not to be missed, this fifth work of the Irish director, after Adam & Paul, Garage, Frank and What Richard Did (I still have to see the latter, but I will catch up soon), he had definitely cut out for himself, a place among my favorite directors. The story, written by Emma Donoghue and taken from his eponymous book, is in turn inspired by the tragic story Fritzl. The film was nominated for three Academy Awards in the latest edition (best film, best director, best lead actress), and has won one: the one to Brie Larson, the Kate of United States of Tara, here the protagonist as Joy "Ma" Newsome, and I must admit it, she is extraordinary.
The movie is divided into two parts, if I may say, both nice, albeit very different. The first is that of captivity, and is marked not only by the "nervousness" of the camera, the struggle of the young woman to try to raise her son trying to protect him psychologically. The second is apparently more relaxed, but instead it is paradoxically the more mentally difficult: that of the return in real life, and the enormous difficulties encountered particularly by the young mother, when compared with those of her son, who, as properly defines the doctor that takes them into care, he is still "plastic".

Exceptional even Jacob Tremblay, now nine years old, already consummate actor, in the role of Jack. As I said, not to be missed.

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