No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20160417

Parigi, Francia - Marzo 2016

Weekend pasquale a Parigi. Naturalmente, non la Parigi classica, seppure l'idea di rinfrescare la conoscenza con la Torre, il Louvre e Notre-Dame mi sia tornata, a dispetto degli accadimenti recenti.
Un passo indietro per la contestualizzazione: verso la metà del 2015, l'amica-quasi-sorella Juli dall'Argentina, laureata in Scienze Sociali e con un Master sull'immigrazione conseguito qualche anno fa alla Ca' Foscari in Venezia, adesso si barcamena aiutando l'azienda di famiglia e un'assistenza professoriale (il correttore del blog me lo segnala come errore, secondo me può andare, a voi piace?) all'Università di Rosario. Si è pure fidanzata. Ma la sua inquietudine la perseguita, e quindi sta escogitando un metodo per tornare in Europa. Mi chiede aiuto per presentare una application per un Master all'Università di Parigi, e ottiene il posto. Dal novembre scorso, è nella Ville Lumière, ed è arrivata giusto in tempo per gli attentati (era in un bar di fronte ad uno di quelli colpiti). L'ha raggiunta anche il suo compagno, e condividono un mini-monolocale all'ennesimo piano di un palazzone nel quartiere vietnamita, nel XIII arrondissement.
Qualche tempo fa mi scrive sgridandomi, e chiedendomi quando avevo intenzione di andarla a trovare. Prenoto il volo per un weekend di febbraio, l'ultimo (uno di pochi per cui non ho piani); devo partire il sabato pomeriggio, il venerdì sera alle 19,30 mi arriva una mail da easyJet che dice che il volo di ritorno è stato cancellato per uno sciopero in Francia. Eh si, i francesi ancora fanno sciopero, e lo fanno sul serio. Sposto anche il volo di andata, e l'unico weekend libero è quello di Pasqua: spendo 60 euro in più, il lato positivo (nemmeno troppo) è che essendo il lunedì festivo, non dovrò neppure consumare un giorno di ferie. Quindi, parto sabato 26 marzo e tornerà lunedì 28 aprile.
EasyJet vola da Pisa ad Orly, sono già pratico. Ho prenotato in anticipo il Paris Visite, sul sito dell'Ufficio del Turismo (chiarissimo e tradotto in molte lingue), scegliendo l'opzione comprensiva del trasporto dall'aeroporto e per l'usufrutto di tutti i mezzi pubblici per l'intera durata del pass (ho scelto 3 giorni, si può fare per 1, 3 e 5). Con consegna a domicilio: il tutto è un po' caro, e tra l'altro io non l'ho neppure sfruttata pienamente, ma ne vale sicuramente la pena. Come abbiamo modo di riflettere con qualche amico, l'impressione che hai appena metti piede fuori dall'Italia soprattutto per andare verso il Nord, è quella che fuori dal paese dei santi, dei poeti e dei navigatori, tutto funzioni. Arrivo ad Orly, seguo le semplici istruzioni, esco dall'aeroporto, faccio 20 metri, sono alla "baia" da dove parte l'Orlybus (ma ci sono altre 2 opzioni per arrivare in zona centrale), me ne scappa uno sotto il naso ma quello seguente ci sarà dopo neppure 10 minuti, lo prendo, è molto frequentato, ma salendo al capolinea (c'è scritto pure questo sulle indicazioni) ci si riesce a sedere, 25 minuti scarsi di viaggio e si arriva a Denfert-Rochereau, dove si può prendere comodamente una delle diverse linee metro, faccio un cambio, e sono di nuovo in superficie. Sbaglio direzione a piedi, perdo una decina di minuti, poi trovo l'indirizzo, e sono da Juli e Juan. Festeggiamenti nel minuscolo appartamento, chiacchiere, cena, e riposo, tutti ammassati in pochissimi metri quadri.
Uno scorcio modernista e interessante del quartiere
Il museo dell'immigrazione
Sullo sfondo il castello di VIncennes. In primo piano, l'amica Juli

Il giorno seguente ci si alza alla spicciolata, turni in bagno, colazione, preparazione, qualche idea per la giornata. Si scherza continuamente sul fatto che loro provengono da una realtà povera, ma si scherza fino ad un certo punto: le attività dovranno essere di quelle possibilmente gratuite. La giornata è fresca, vagamente soleggiata, ma la pioggia potrebbe arrivare in qualsiasi momento. Ci premuniamo ed usciamo. Cominciamo a camminare verso la periferia di Parigi, Juli mi fa vedere dall'esterno l'Università dove studia, attraversiamo la Senna sul Pont National, ed eccoci nel XII arrondissement. Proseguiamo, sempre a piedi, fino all'altezza della metro di Porte Dorée, e siamo quindi al Museo nazionale della Storia dell'Immigrazione. Si, lo so. Di questi tempi, pare un enorme paradosso, ma qui sta la differenza, una delle tante, tra noi e loro, e mi piace sottolinearle perché, sempre secondo me, c'è sempre da imparare, in giro per il mondo. Ci sono delle visite guidate, ci informiamo sugli orario, abbiamo tempo, mangiamo un panino in un Subway lì vicino. Quartiere a larga maggioranza nera, all'apparenza molto integrata. Ma il nero non è l'unica nuance presente, e sapete come la penso in proposito: le nuance sono il sale della vita, sono le cose che rendono interessante anche solo il guardarsi attorno, le cose belle vengono dall'incrocio di queste. Entriamo per la visita, e naturalmente faccio fare a Juli: in realtà, bisognerebbe pagare l'ingresso, e poi la visita è gratuita, con una faccina Juli convince la ragazza che ci illustrerà le meraviglie del museo a non dire niente sul fatto che non abbiamo pagato il biglietto. Ovviamente partono le battute sul fatto che non si sappia in giro, altrimenti si sparge la voce che son povero. La ragazza che ci guida è una rossa bassina però carina, con quello charme tutto francese che solo le francesi hanno. Ci illustra la struttura, ci racconta un po' di storia, si sofferma su alcuni "pezzi" che raccontano storie di persone che rappresentano le varie, tantissime immigrazioni che la Francia ha avuto, e che ne hanno fatto quel calderone multietnico che è adesso. Ci chiede pian piano da dove veniamo, e si sofferma sulle immigrazioni dai nostri paesi. Interessante. Riesco perfino a fare una battuta in francese, facendo ridere tutto il gruppo. Mi colpisce la ragazza quando sottolinea che l'opinione pubblica varia a secondo dei contesti, e porta l'esempio della Nazionale di calcio. Hanno usato la stessa cosa per esaltarla quando ha vinto i Mondiali di calcio, e per screditarla: la multietnicità. La visita termina, ed usciamo che ha appena smesso di piovere. Ci incamminiamo attraverso un parco lì vicino, ed arriviamo al Castello di Vincennes, una municipalità nominalmente esterna a Parigi. Ci sediamo in un caffé, la giornata volge allo splendido, le ore di luce sono molte, stanotte è entrata in vigore l'ora legale e naturalmente nessuno di noi se ne ricordava. Riprendiamo il cammino attraversando il Bois de Vincennes, e sbuchiamo all'altezza di uno degli ingressi al Foire du Trone, probabilmente il più grande Luna Park d'Europa. Mi impressionano alcune cose. La grandezza e la pericolosità di alcuni giochi, il numero di poliziotti, e la percentuale minuscola dei caucasici. Come sapete, la vedo positiva questa cosa, soprattutto perché diverse delle ragazze di colore che vedo sono splendide. Ci destreggiamo tra i toboga, le montagne russe e altre diavolerie, ed è già buio. Rientriamo che la temperatura è scesa e spira un vento assassino. Ripercorriamo la strada dell'andata, e arriviamo abbondantemente all'ora di cena nei pressi dell'appartamento, non saliamo neppure in casa perché ci fermiamo a cenare al Pho13 sotto casa, ristorante vietnamita gremito. Si mangia molto e si spende poco, ecco tutto. E i piatti non sono affatto male. Siamo naturalmente stanchi, e saliamo per la notte.
Al mattino seguente mi sveglio per primo, uso il bagno e poi lascio libero. Colazione, e cominciano degli scrosci di pioggia che mi fanno un po' paura, soprattutto perché devo camminare una decina di minuti (qualcosa meno) per arrivare alla bocca della metro più vicina. Verso le 10, spiove, e saluto. Ci rivediamo probabilmente in Italia, tra poco.
Mi incammino in una Parigi vuota per la festività, fascinosa nella sua diversità. Arrivo alla metro, scendo, mi oriento, una fermata, cambio, quattro fermate, salgo in superficie. Debbo cercare un attimo per trovare la fermata del bus, la trovo. Salgo. Oblitero. Si viaggia verso Orly. Controlli, attesa, imbarco, bella giornata, si torna a casa.

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