No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20140917

fare alla bestia

Do To the Beast - Afghan Whigs (2014)

Si potrebbe fare dell'ironia infinita sul fatto che il settimo disco degli Afghan Whigs, che esce a sedici anni di distanza dal precedente 1965 (uscito nel 1998, non è uno scherzo), venga pubblicato dalla Sub Pop, quell'etichetta che ci stregò tutti, parlo di me e di un manipolo di rockettari che rimasero affascinati, una ventina d'anni fa, da tutto quello che usciva da Seattle, Washington ed in particolar modo da quell'etichetta. Invece, rimanendo focalizzati e concentrati sulla musica, parliamone coscientemente, o almeno proviamoci. Anche questo è un disco che avevo "accantonato", sul quale non ero riuscito a formarmi un'opinione definita (è uscito il 15 aprile di quest'anno); anche questo è un disco di una band che ha sempre individuato il suo marchio di fabbrica nell'unione del soul con il rock (per inciso, molti anni prima dei The Black Keys). E' inoltre impossibile prescindere dallo iato di 10 anni (2001/2011), ed era impossibile non domandarsi, alla notizia che sarebbero usciti con un nuovo disco nel 2014, come sarebbero risultati ai nostri orecchi oggi. Ecco, per alcuni mesi sono andato avanti non trovando la risposta a quest'ultima domanda, finché (un altro spot gratuito per le serie tv versus cinema - curioso e paradossale, lo so, da parte mia) una sera, guardando l'episodio 2x09 - Snowflake - di Ray Donovan, ho sentito partire le note di Algiers, la traccia numero 4 di questo Do To the Beast, all'inizio dei titoli di coda. Vi ho ripetuto spesso che quasi sempre per scrivere qualcosa di sensato su un disco devo trovare la "chiave" che mi permette di penetrare dentro il disco in questione; quasi sempre arriva ascoltandolo. Stavolta è arrivata ugualmente ascoltandolo, ma attraverso la tv. E la risposta definitiva alla domanda di cui sopra è che gli Afghan Whigs oggi suonano esattamente come allora, solo più maturi, ma nonostante tutto al passo con i tempi, forse perché sono cambiati poco o nulla, e la loro ricerca musicale non ha età. Quello che Greg Dulli ed i suoi pards ricercano da sempre è la bellezza, così come tanti del resto, e seppure non sempre riescano a trovarla, spesso vi si avvicinano molto. Ascoltateli. Suonano come se non si fossero mai allontanati (anche se, ad onor del vero, dei membri originali ci sono solo Dulli e Curley, visto che McCollum, coinvolto nella reunion, ha nuovamente abbandonato la band prima che iniziassero le registrazioni di questo disco), dipingono tavolozze di colori infiniti, Dulli, seppur faticando qua e là, sfodera ancora una gamma vasta di tonalità. Pollice all'insù per i mai dimenticati Afghan Whigs.




The question, when I knew that the Afghan Whigs would come out with a new album after 16 years, was: "how will they sound to our ears today?". The paradoxical answer I finally had a few nights ago, while I have heard their Algiers over the end credits of an episode of the television series Ray Donovan. Exactly as it was then, but perfectly in step with the times. The search for beauty in music by Afghan Whigs, combining soul and rock in their own way, continues in a fruitful way: even with this record they have approached often.

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