No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20131110

tax

Un dirompente (come correttamente autodefinisce lo studio sul quale si basa l'articolo il giornalista che scrive) articolo di Die Zeit, tradotto su Internazionale nr. 1023, che apre nuove prospettive sulla gestione economica dell'Europa.

Tassare di più i ricchi non fa male
di Mark Schieritz
Uno studio del Fondo Monetario Internazionale sostiene che in molti paesi ci sono i margini per introdurre imposte più alte per chi guadagna di più. E senza danneggiare l'economia

Il Fondo monetario internazionale (Fmi) può essere considerato un’istituzione di orientamento liberista. In Africa ha imposto la liberalizzazione del mercato del lavoro e ai paesi asiatici colpiti dalla crisi negli anni novanta ha ordinato rigidi programmi di risparmio. Per questo lo studio pubblicato il 12 ottobre dall’istituto è una piccola rivoluzione, visto che consiglia di tassare i ricchi. “Sembra che in molti paesi sviluppati ci sia spazio d’azione, se si vuole, per ottenere maggiori entrate dalla fascia di reddito più alta”, scrive l’Fmi. Questo documento potrebbe provocare qualche polemica in Germania, dove la politica fiscale è stata il tema centrale dell’ultima campagna elettorale. La Spd e i Verdi volevano aumentare le tasse a chi guadagna di più per garantire allo stato più fondi per gli investimenti. Ma queste argomentazioni non hanno convinto molti elettori, visto che la Cdu di Angela Merkel e gli alleati della Csu, contrari all’aumento, hanno fatto il pieno di voti. I cristianodemocratici hanno avuto successo anche grazie alla capacità di convincere l’elettorato che l’aggravio fiscale avrebbe danneggiato l’economia. Eppure in passato l’Fmi si è espresso più volte contro l’aumento delle tasse, sostenendo il modello ideale dello stato snello che si tiene alla larga dagli affari dei cittadini. Evidentemente, ora gli esperti dell’istituto hanno appurato che il mondo è cambiato e ritengono che negli ultimi anni i sistemi fiscali siano diventati “meno progressivi”, cioè che abbiano imposto oneri meno pesanti con l’aumentare del reddito. Questo è dovuto, tra l’altro, al fatto che le aliquote fiscali più alte sono state ridotte e che molti stati ricorrono sempre più alle imposte indirette uguali per tutti, come l’iva. Secondo l’Fmi, in molti paesi la riduzione della progressività ha ampliato nettamente il divario tra ricchi e poveri. In Germania neanche un terzo del reddito nazionale complessivo è riconducibile al 10 per cento più benestante, che però possiede il 60 per cento del patrimonio. Negli Stati Uniti il governo ha trattato i ricchi con particolare riguardo. Se le aliquote fiscali per la fascia di reddito più alta fossero riportate ai livelli degli anni ottanta, si legge nello studio dell’Fmi, nelle casse statali arriverebbero fondi ulteriori pari all’1,5 per cento del pil. Anche in Germania lo stato potrebbe riscuotere più tasse senza danneggiare l’economia. Secondo l’Fmi, l’aliquota ideale per le fasce di reddito più alte dovrebbe essere compresa tra il 55 e il 70 per cento. Queste cifre potranno sembrare esagerate, ma negli anni cinquanta e sessanta negli Stati Uniti l’aliquota fiscale più alta era superiore al 90 per cento e l’economia era comunque fiorente. Oggi in Germania l’aliquota più alta è al massimo del 45 per cento, e comunque scatta da livelli di reddito più bassi rispetto al passato. Lo stato tedesco esita anche a tassare i patrimoni immobiliari. Le entrate derivanti da queste proprietà non arrivano neanche all’1 per cento del pil. In Francia, Belgio e Svizzera la percentuale è tre volte superiore. 
Una questione ideologica 
L’Fmi non vuole che il suo rapporto sia interpretato come un invito ad aumentare le tasse. Lo studio, affermano gli autori, propone un confronto internazionale tra i singoli paesi. Inoltre, tiene conto di fattori come il pil o la stabilità politica. Ma queste osservazioni non rendono meno dirompente lo studio, il quale dimostra che in fin dei conti quella del fisco è una questione ideologica e che in una prospettiva strettamente economica sarebbe sostenibile anche un aggravio fiscale a carico dei cittadini. D’ora in poi, quindi, la rivendicazione di tasse più basse potrebbe non essere più una dimostrazione di grande competenza in tema di economia. Probabilmente l’Fmi riceverà presto una telefonata indignata dal ministero delle finanze tedesco. Secondo le analisi degli esperti di Washington, infatti, la Germania è uno dei pochi paesi europei che non sfrutta fino in fondo il suo potenziale relativo alle entrate statali. Soprattutto con l’iva e l’imposta sul reddito, altri paesi impongono ai loro cittadini una tassazione molto più alta. Se i tedeschi raggiungessero i livelli degli altri paesi dell’Unione europea, l’aumento del gettito fiscale sarebbe di ottanta miliardi di euro all’anno: una cifra molto più alta rispetto a quella proposta dalla Spd e dai Verdi nel corso dell'ultima campagna elettorale.

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