No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20130830

a long goodbye

Mercoledì mattina stavo cazzeggiando, dopo essere andato in piscina e dopo il temporale della notte, aspettando il momento propizio per andare al mare oppure no (avevo preso qualche giorno di ferie per pianificare le prossime ferie), quando mi arriva un sms da mia sorella che mi dice "tra mezz'ora c'è il funerale di D.". Non posso dire che mi abbia colto impreparato, ma almeno un po' si: non sapevo che fosse morta. E, tecnicamente, D. è morta giovedì scorso, quasi una settimana.
D. era un'amica. Era in coma da quasi 6 anni, dopo un terribile incidente. Negli ultimi tempi ci eravamo un po' persi di vista, ognuno cresce, cambia giri, abitudini, fidanzati/e. Ma le volevo bene, a lei e a sua sorella, sua madre mi stava simpatica ed è un'ottima cuoca, tra l'altro. D. e sua sorella sono (la scelta del tempo da usare è un po' difficoltosa, lo ammetto) due belle ragazze, con lineamenti particolari: somigliano alla sfinge, e questa cosa la pensavo prima di scoprire che la loro mamma è egiziana. D. era dolce, ingenua a volte, spesso entusiasta della vita in generale. Un paio di ricordi che ho di lei sono un concerto di Manu Chao visto insieme, e del poliziotto/carabiniere che le aveva perquisito la borsa all'entrata, che le aveva chiesto cos'era quello riferendosi al filo interdentale (D. se lo portava in borsa, come probabilmente molte donne, sapete che nelle borse delle donne c'è di tutto). Ridemmo per un po' riflettendo sul fatto che probabilmente il tutore dell'ordine non sapesse che cos'era, il filo interdentale; l'altro è sempre un concerto, di Giorgia: glielo "regalai" per un suo compleanno, e devo dire che fu meglio di quanto pensassi inizialmente.
D. avrebbe avuto circa 40 anni oggi; uso il condizionale perché, appunto, gli ultimi sei anni non li ha vissuti. Sua madre e sua sorella, insieme a diversi amici e amiche intime, si sono presi cura di lei. Io, da vero stronzo, non l'ho mai vista, in questi sei anni. Penserete che sono, come si dice da noi, un caerello, e fareste bene: anni fa, un parente è morto di aids, e non sono mai riuscito, o meglio, non ho mai trovato la forza di andarlo a trovare in ospedale. Non sarei riuscito a sopportare quell'ingiustizia, quello scempio, così come per D. Volevo ricordarmela bella, dolce, solare, con la pelle ambrata e gli occhi della sfinge.

Anche i funerali non sono il mio forte, da dopo quello di mia madre li ho frequentati poco. Ma a quello di D. non potevo mancare. Sono andato, trovando tante facce conosciute, molte in lacrime. Si svolgeva nella chiesa della frazione vicina al paesello; il prete, che non avevo mai visto né sentito, mi ha fatto una buona impressione. All'omelia, l'ho ascoltato attentamente. Mi è piaciuto come è partito. E' stato schietto, ha detto che aveva riflettuto un po' su quello che volevamo sentirci dire, e che aveva concluso che non lo sapeva, perché non poteva mettersi nei nostri panni. Che il dolore è troppo grande, e che non sarebbe giusto dire che la fede aiuta a lenirlo. Ha continuato bene, finché, verso la fine, ha detto qualcosa sugli ultimi anni di D., tipo che non sono stati inutili.
Ora, la cosa mi ha fatto risentire. So che è un argomento trito e ritrito, ma è così. E ci rifletto spesso. Capisco che il dogma della chiesa cattolica sia quello, che la spina non si stacca mai, e quindi anche quel prete tanto schietto ed onesto non poteva andare fuori dal seminato; capisco anche la mamma e la sorella, che fino alla fine si sono aggrappate al flebile filo di speranza: tutti, o quasi, facciamo/faremmo così.
Però a me questa cosa non va giù. Una persona in coma non vive. Vegeta. E raramente se si sveglia può mettersi a fare le capriole. Senza contare l'azzeramento delle vite delle persone (soprattutto i familiari) che si gettano a capofitto nella cura della persona in coma. Insomma, non vorrei mai ritrovarmici, e addirittura spesso mi ritrovo a pensare che non importerebbe (cambio per un momento "genere" di malattia) trovare la cura per il cancro, basterebbe che almeno si riuscisse a determinare se sarà mortale oppure no, e nel caso fosse mortale, si dovrebbe essere liberi di scegliere di non fare la chemioterapia. Scusate se ho divagato, ma ogni volta penso a mia madre, e non potrebbe essere altrimenti.

Come che sia. D. è morta. Poteva avere davanti a sé una lunga vita felice, e invece non c'è più. Io, cinico e anche un po' caerello, mi ci ero già abituato. Però mi mancherai ugualmente, con la tua pelle colore d'Africa e il tuo filo interdentale. Mancherai a molti di noi.

Non c'entrerà niente, ma mentre ti pensavo mi veniva in mente questa canzone, forse solo per il titolo: il viale dei sogni infranti. Ciao.

2 commenti:

cipo ha detto...

Un abbraccio Ale, capisco come stai. Grazie comunque per averci parlato di D., che grazie alle tue parole ricorderemo.

Davide_Pastori ha detto...

Belle parole...Sicuramente porterai con te una parte di lei...già questo vale!