No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20121017

vai piano, oh Magellano

Swing Lo Magellan - Dirty Projectors (2012)

Ci ho messo mesi per scriverci qualcosa sopra. Ma, di solito, se ci metto molto è segno che o un disco, per me, è molto buono oppure che non vale niente. Nel secondo caso, dopo un po' lascio perdere e non ho rimorsi; in questo caso, sentivo di dover scrivere qualcosa di importante, perché, e so che di questa affermazione mi faranno pentire quelli di voi che spinti da me lo ascolteranno e ai quali poi non piacerà per nulla, Swing Lo Magellan è uno dei dischi più interessanti, complessi, originali dell'anno 2012.
Innanzitutto, devo dire per onestà intellettuale che nonostante sia il sesto disco dei Dirty Projectors, per me è il primo: non conoscevo o non ricordavo assolutamente niente di loro, nonostante avessero lavorato anche con Bjork poco tempo fa. Il fatto che questo disco finirà nelle top ten di molti critici, più o meno accreditati, vuol dire quindi che si, non si può conoscere tutto, ma che la grande musica, quando è grande musica, si riconosce sempre, anche se magari non ti è mai capitato di incrociarla prima.
Ora, chi li conosceva già magari sapeva cosa aspettarsi, anche se mi par di capire che i newyorkesi siano una band in continuo movimento, e Swing Lo Magellan sia un ulteriore passo avanti, o comunque diverso dai loro precedenti. Ma, per chi, come me, non conoscesse una virgola in proposito, bisogna che dia qualche coordinata. E non è facile. Di getto, le prime due cose che mi sono venute in mente, out of nowhere, sono stati i Vampire Weekend e i Talking Heads. Magari non ci ho preso, ma credetemi, è davvero difficile descriverli. Dei primi, certamente non hanno l'immediatezza. Dei secondi di certo hanno la genialità. I pezzi hanno tutti un che di asimmetrico, sghembo, irregolare. Ma sono come dei trapani, delicati però, che ti penetrano dentro. Piano piano, ti accorgi che l'intero disco è composto da canzoni bellissime, e ti rendi conto che sono stratificate in maniera sbalorditiva. Pennellate leggerissime, che hanno un che di bucolico al pari della copertina (fotografia scattata dal fratello del leader della band, il genietto Dave Longstreth che normalmente si incarica della maggior parte delle linee vocali; il soggetto è un vicino insieme allo stesso Dave e ad Amber Coffman, altra componente della band, nello Upstate New York dove l'album è stato registrato), chitarrine che a volte potrebbero sembrare quasi caraibiche, effettistica strana, fiati improvvisi e parti di drum machine, giri di chitarra folk e linee vocali (come detto) sghembe e, credeteci o no, praticamente gospel, ma un eleganza fuori dal comune. Un disco meraviglioso e stranissimo.

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