No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120516

Elsker dig for evigt

Open Hearts - di Susanne Bier (2003)


Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: è sempre la potta giovane che fa' gira' tutto

Cecilie e Joachim sono una giovane coppia danese, felice e piena di vita. Hanno deciso di sposarsi, sono felici. Joachim ha la passione dell'alpinismo, e sta per partire per una sorta di spedizione. Cecilie è un po' preoccupata, ma accompagna Joachim alla stazione, con la sua nuova auto. Joachim scende, e fa un po' lo stupido per attenuare il dolore dell'arrivederci. Fa avanti e indietro sulla strada, verso lo sportello del posto di guida dov'è seduta Cecilie. All'improvviso, un'altra automobile lo travolge. Alla guida c'è Marie, accanto la figlia  Stine. Joachim è in terra, privo di sensi, in un lago di sangue. All'ospedale, Joachim viene sottoposto ad una lunga operazione. Marie, sentendosi in colpa ma non riuscendo a trovare il coraggio per parlare con Cecilie, chiede al marito Niels, medico nello stesso ospedale, di parlare con lei. Niels la avvicina, e le lascia il suo numero di telefono. Niels e Marie hanno altri due figli oltre a Stine. Sono una famiglia felice, tornano a casa e festeggiano il compleanno della figlia grande. Ma sono tutti sconvolti, pieni di sensi di colpa. Stine e Marie stavano litigando, ha chiesto alla madre di accelerare, al momento in cui hanno travolto Joachim. Nel frattempo, Joachim si sveglia e scopre, subito dopo che il chirurgo lo ha detto a Cecilie, che non muoverà mai più le braccia e le gambe. Rimarrà paralizzato dal collo in giù. Cecilie è pronta ad aiutarlo, ma Joachim regisce malissimo, e la respinge. Cecilie è disperata, non sa con chi sfogarsi: chiama Niels. E, parla oggi, parla domani, tra i due nasce qualcosa...

Susanne Bier è una delle registe che negli ultimi anni mi ha impressionato di più. Ha diretto molti film, a partire dal 1991, ma questo è uno dei primi (a parte Pensione Oskar, del 1995) ad essere arrivato da noi. Soprattutto, questo, se non mi sbaglio, è il film che segna l'inizio della sua collaborazione con Anders Thomas Jensen, un genietto della scrittura (nonché regista del meraviglioso Le mele di Adamo). Si nota infatti chiaramente, che questa storia possiede già, in nuce, tutte le tematiche del cinema della Bier a venire. C'è da aggiungere che il film è girato in stile Dogma (ci si riferisce, infatti, a Open Hearts, il cui titolo in originale, Elsker dig for evigt, in danese significa "ti amo per sempre", come a Dogma #28), anche se possiede delle (chiamiamole) licenze. A partire dai titoli di testa, con uno stile (sono ripresi con una ThermaCAM) più che particolare, la Bier si distingue per creatività, ma durante la storia, naturalmente insieme allo sceneggiatore, si focalizza sui sentimenti, sulla fragilità degli stessi e soprattutto, dell'essere umano e della sua fallibilità. La fotografia ruvida e "naturale" aumenta l'impressione di trovarsi di fronte ad una situazione reale, possibile, e lo spettatore non può fare a meno di soffrire insieme ai protagonisti. Gli attori che interpretano i quattro personaggi protagonisti (che abbiamo poi rivisto in seguito, a parte Sonja Richter, che interpreta Cecilie, e che però speriamo di rivedere quanto prima, dato che ha interpretato The Woman That Dream About a Man, l'ultimo film di Per Fly (Gli innocenti, L'eredità, La panchina), altro regista danese interessantissimo) sono molto bravi e ben diretti. Detto di Sonja Richter (Cecilie), abbiamo Paprika Steen (Le mele di Adamo, Dancer in the Dark, Mifune, Festen, Idioti) nella parte di Marie, Nikolaj Lie Kaas (anche lui in Le mele di Adamo, Non desiderare la donna d'altri, Idioti, ma era anche in Angeli e Demoni) nei panni di Joachim, e uno dei miei idoli, Mads Mikkelsen, ormai lanciato verso una "parallela" carriera hollywoodiana (era ultimamente Rochefort ne I tre moschettieri), nei panni di Niels.
Un bel film, per una regista che tutt'ora ci sta regalando grandi film.

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