No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20111206

nella cucina


In The Kitchen - di Monica Ali (2010)

Gabriel Lightfoot (si, di cognome fa come il cantante degli Snow Patrol) è uno chef poco più che quarantenne di buona esperienza. Dirige la cucina dell'Imperial Hotel a Piccadilly, Londra. Ha lasciato la provincia molti anni fa, il Lancashire, dove vivono ancora suo padre e sua sorella; ha fatto esperienza anche all'estero, la cucina è la sua grande passione. Certo, compiuti i 40 da un paio d'anni, è il momento di decidere: o spiccare il volo, oppure rimanere intrappolati nella monotonia, nell'anonimato, far diventare un lavoro che può essere creativo, impiegatizio. Stessa cosa con il suo rapporto di coppia: la sua ragazza, Charlie, cantante di night club, bellissima ed intelligente, non gli mette pressione, ma arrivati a quest'età almeno si dovrebbe vivere insieme, se non sposarsi.
Il lavoro è impegnativo: la cucina è un caleidoscopio di provenienze, spaccato perfetto della nuova realtà di un'Inghilterra multietnica. Africa, Europa dell'est, Asia, non manca quasi niente. Sopra di sé gerarchicamente, Gabe ha due figure, una odiosa, il maitre Gleeson, l'altra dura ma ammirevole nella sua gestione, Maddox, il direttore dell'albergo. Nonostante ciò, è quasi al capolinea: a breve aprirà il "suo" ristorante. Ha trovato due soci, che porteranno il denaro e la clientela: Rawlins, un ricco uomo d'affari, e Fairweather, un sottosegretario del governo laburista. Stanno rilevando, per poi ristrutturare velocemente, un locale a Pimlico.
Ma un giorno, quel giorno in cui, a Gabe pare di poter dire che è cominciato tutto, Yuri, un garzone, viene ritrovato senza vita nelle "catacombe", i sotterranei della cucina. Anche se tutto fa pensare che si sia trattato di un tragico incidente, quel fatto segna l'inizio di un cambiamento che sconvolgerà la vita di Gabe.

Monica Ali, scrittrice inglese nata a Dacca, Bangladesh, da padre bengalese e madre inglese, vive in Inghilterra dall'età di tre anni. E' un'autrice che mi piace molto, questo è il suo terzo libro, e su questo blog vi ho parlato sia dei precedenti Brick Lane (Sette mari, tredici fiumi fu il titolo della prima traduzione italiana; il libro fu un successo editoriale) ed Alentejo blu, sia del film tratto dal suo primo libro, le cui riprese dettero luogo ad alcune proteste.
Nonostante alcuni difetti, anche questo suo terzo lavoro è un ottimo libro. Probabilmente, come dice Stephanie Merritt su The Observer, la disintegrazione caratteriale del protagonista, in pratica la spina dorsale, il filo conduttore del libro, è trattata in un modo che non coinvolge appieno il lettore (la Merritt fa inoltre un sacco di annotazioni giuste, una su tutte la similitudine della cucina diretta da Gabe con l'albergo di Dirty Pretty Things, film di Stephen Frears del 2003); procede un po' a scatti, precipita un po' troppo rapidamente, e lascia, appunto, il lettore "ai margini". Ma bisogna ammettere che gli argomenti trattati, neanche troppo superficialmente, sono tanti e per niente marginali. Multietnicità, lavoro nero, tratta delle bianche, disgregazione della realtà sovietica, perdita di valori del Regno Unito, smantellamento delle fabbriche, malattie nervose, il sottobosco della politica. E poi ancora, i rapporti di coppia, le carriere, la differenza tra la città e la provincia, i sogni e la difficoltà di realizzarli, i rapporti familiari, il razzismo strisciante, l'attrazione fatale degli uomini europei verso le donne dell'est Europa.
E' vero, Monica Ali torna al mondo dell'immigrazione dopo Brick Lane, dopo una parentesi (Alentejo blu) nella quale analizzava il fenomeno contrario (gli inglesi che, pensionati o no, "emigrano" in Portogallo, mentre i portoghesi sognano di fare qualche soldo in Inghilterra), ma qui allarga l'obiettivo, che non è più focalizzato solo sulla comunità bengalese, ma a tutte quelle che stanno portando forza lavoro nel Regno Unito. E dimostra di conoscere bene non solo questo mondo, ma pure i cambiamenti epocali che la società britannica ha vissuto, e sta tutt'ora vivendo, non proprio senza traumi.
Scrittura dinamica, per lo più scorrevole, buon libro per un'autrice che, speriamo, continuerà a raccontarci il presente con notevole capacità di osservazione, come ha fatto fino a adesso.

2 commenti:

Filo ha detto...

A me ha ricordato anche un po' "La Canzone di Carla", il film di Ken Loach, per come, da un certo momento in poi, una vita apparentemente normale sprofondi in una realtà parallela che è sconosciuta ai più. Comunque libro molto valido.
Grazie per la segnalazione.

jumbolo ha detto...

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