No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20111117

rikos ja rangaistus



Delitto e castigo – di Aki Kaurismaki (1983)



Giudizio sintetico: da vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: fenomeno caurismachi dé

Leggera variazione sul tema, rispetto all’omonimo romanzo di Dostoevskij. Helsinki. Rahikainen, che lavora come operaio in un grande macello, uccide l’uomo che qualche anno prima, ubriaco, aveva investito e ucciso la sua fidanzata. Ma in realtà, non lo uccide per vendetta: lo uccide per noia, e sfida la polizia, l’ispettore Pennanen ed il detective Snellman, addirittura una testimone oculare dell’omicidio, Eeva, a trovare le prove, o a testimoniare. Invece, sia l’ispettore, incrollabile nel credere che prima o poi l’assassino crollerà in preda al senso di colpa, sia Eeva, legata da uno strano rapporto di attrazione all’assassino, convinta che deve essere lui stesso a consegnarsi alla giustizia, lasciano che sia Rahikainen a guidare il gioco. Si intromettono anche altri protagonisti nella vicenda, ma neppure questi saranno decisivi.

Film di debutto dell’ormai mitico regista finlandese, se si eccettua il documentario Saimaa-ilmio, su tre rock band finlandesi, e diviso alla regia col fratello Mika, questa personalissima (e liberissima) versione del classico russo, più che gettare le fondamenta, delinea i parametri del cinema di Aki Kaurismaki, perennemente in bilico tra la tragedia e la commedia, sempre con un occhio attento al sociale, senza dimenticare la filosofia e l’alcol. Perfino gli attori, compreso il micidiale (e compianto) Matti Pellonpaa, qui nei panni dell’amico e collega dell’assassino, Nikander, si adeguano già allo stile registico (e di direzione, quindi) dell’uomo che, pare, a proposito di questo film disse “Ho pensato di adattare un classico perché è piuttosto facile prendere e utilizzare un libro bell'e pronto. E ti lascia anche più tempo da passare al bar…”, ma anche “Hitchcock aveva raccontato a Truffaut, che se c'era un soggetto che mai avrebbe osato portare sullo schermo, questo era quello del complicato capolavoro di Dostoevskij. Ero giovane e convinto di provare il contrario ai vecchi. Poi, mi sono reso conto che Hitchcock aveva ragione”.
Minimalista e trendy, accompagnato da una colonna sonora quanto mai anticonformista, Kaurismaki dà l’avvio ad una carriera che non gli porterà certo la ricchezza e i grandi incassi al botteghino, ma di sicuro l’amore incondizionato dei cinefili, che, come nel mio caso, arriveranno addirittura a coniare neologismi e/o termini di paragone quali “faccia da Kaurismaki”, per intendere qualcuno che somigli, nei tratti, nell’atteggiamento e nell’abbigliamento, a uno degli attori dei film del finlandese. Qualsiasi cosa faccia è da vedere.
Spassoso e spiazzante, a tratti inquietante.

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