No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20110923

vortice



The Rip Tide – Beirut (2011)

Terzo disco per la creatura di Zach Condon; non vi prenderò in giro: è la prima volta che li ascolto, e per me sono stati una piacevolissima sorpresa. Condon è un musicista curioso: si è innamorato del folk balcanico (soprattutto di Goran Bregovic e la Kocani Orkestar) durante un viaggio in Europa, poi degli chansonniers francesi, della tradizione messicana e della musica brasiliana. Naturale che cerchi di racchiuderla nella sua musica, che, vi dirò, per darvi delle coordinate, sta tra gli Arcade Fire e i Devotchka.
Ha una voce da crooner, che però a volte mi ricorda un Antony meno dolente, una voce che conferisce un calore estremo alle sue canzoni, scritte divinamente. Le trombe, queste si, più messicane che balcaniche, aggiungono intensità e ti avvolgono decisamente.
Episodi riusciti alla grande sono la conclusiva Port Of Call (che, nell’incedere dei fiati, mi ha ricordato alcune cose più riuscite del mio idolo femminile, Basia Bulat), la sincopata Vagabond, l’elettronica (con classe) di Santa Fe (omaggio alla sua città natale), la bella apertura con A Candle’s Fire.
Un bel disco, delicato ed intrigante.

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