No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20110204

Renato


Vallanzasca - Gli angeli del male - di Michele Placido (2011)

Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)

Giudizio vernacolare: artri tempi anche pell'assassini


Renato Vallanzasca oggi ha 60 anni compiuti, ed è detenuto nel carcere milanese di Opera, godendo del regime del lavoro esterno. Noto con diversi appellativi, tra cui Il boss della Comasina, dal quartiere da lui, e dalla sua banda, controllato in giovane età, è probabilmente il criminale, in tempi di pace, più conosciuto da quelli della mia generazione, e forse anche da quella precedente, e rispetto agli altri malviventi, ha una dote spiccata: una sfacciataggine non comune, che sconfina nella disinvoltura.

Michele Placido, basandosi sul libro autobiografico Il fiore del male. Bandito a Milano, scritto dallo stesso Vallanzasca con l'aiuto del giornalista Carlo Bonini, ha accettato di dirigere questo film dopo che è passato da diverse mani, pare convinto da Kim Rossi Stuart, molto interessato alla parte del protagonista, che era stata proposta inizialmente a Riccardo Scamarcio. La sceneggiatura ha subito diverse riscritture, tanto che è accreditata a un gruppo di nove persone, tra le quali Placido, Rossi Stuart, Andrea Purgatori e Antonella d'Agostino, terza e attuale moglie di Vallanzasca. Il film racconta la vita di Renato, con qualche breve accenno all'infanzia, focalizzandosi sugli anni che vanno dalla "conquista" di Milano fino alla detenzione nel carcere di Ariano Irpino.


A mente fredda, alcuni giorni dopo aver visto il film, mi dico che se ha scontentato sia molti politici, sia le famiglie delle vittime (forze dell'ordine comprese), sia Vallanzasca stesso, moglie compresa (nonostante abbia contribuito in parte alla sceneggiatura), Placido ha raggiunto un buon risultato. Sarebbe bene ricordare sempre che il cinema è, spesso, enfatizzazione, quando si occupa di storie realmente accadute, ma è comprensibile che esista sempre e comunque, la paura di iconizzare un assassino. Certo è, che la storia del cinema ne è piena, di casi come questo, a cominciare dai mafiosi del Padrino di F.F. Coppola, quindi, diciamo che Placido è in buona compagnia, quantomeno.

Il film è godibile, questo è certo. Ed è un lavoro notevole, per essere italiano, questo va detto per non essere parziali. Spesso appare indulgente, con la figura di Vallanzasca, perché si esce quasi convinti che lui fosse un malvivente che non aveva piacere ad uccidere, quando invece, la storia ci dice che anche solo nell'omicidio del suo amico fraterno Massimo Loi, che nel film diventa Enzo, Renato è stato tutto fuorché disinteressato a spezzare vite altrui.

Ma, come detto prima, il cinema spesso passa per questi escamotage: rendere quasi simpatici degli efferati assassini. Il film di Placido ci riesce in pieno, e non solo.

Parte con un introduzione, e poi, lunghi flashback ci raccontano un lungo pezzo di vita del bel René, con un intreccio che, nonostante denoti le rimaneggiature di sceneggiatura, delle quali parlavamo prima, avvince e convince.

Fotografia interessante, ricostruzioni "storiche" (metto le virgolette perché mi sembra esagerato usare una definizione del genere per una Giulia Alfa Romeo, ma in effetti sono passati una quarantina d'anni) corrette, uso della macchina da presa spigliato, e soprattutto direzione delle scene d'azione ammirevole: finalmente un film italiano che non risulta ridicolo di fronte a cose come queste.

Cast con un pizzico di internazionalità europea (Paz Vega nella parte di Antonella D'Agostino, a suo agio con acconciature anni '70 e parrucche d'ogni genere, Moritz Bleibtreu nella parte di Sergio, figura taciturna ma onnipresente, entrambi doppiati), ma con ottime prove italiane.

Kim Rossi Stuart, come se ce ne fosse stato bisogno, si conferma una delle eccellenze del nostro Paese. Spavaldo, usa il corpo quanto le espressioni facciali, e compie un grande lavoro sulla pronuncia, risultando, almeno a me che non sono milanese, un credibile bauscia. Interpretazione notevole la sua, ma non possiamo non ricordare anche altri: Filippo Timi è grande come sempre, nella parte di Enzo, spiccano anche Francesco Scianna come Francis Turatello, Lino Guanciale come Nunzio, Paolo Mazzarelli come Beppe, Lorenzo Gleijeses come Donato.

Ottimo film italiano, ce ne vorrebbero di più così, non dico tutti sulla malavita, ma purtroppo, se è stata, ed è, una delle realtà della nostra nazione, è bene prenderne atto, meglio se con film ben fatti.

1 commento:

monty ha detto...

Tempismo prodigioso.
L'ho visto ieri (e ce l'ho ancora
negli occhi).