No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20110221

the number of the beast


La bestia nel cuore – di Cristina Comencini (2005)


Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)

Giudizio vernacolare: fa venì 'r mar di testa

Sabina fa la doppiatrice, ma avrebbe voluto fare l’attrice. E’ una che si accontenta. Sta insieme a Franco, attore di teatro. Franco vorrebbe fare cinema, e quando gli propongono di fare la televisione si rivela titubante: non vorrebbe scendere a compromessi. Accetta soprattutto per Sabina. Sabina ha un fratello, Daniele, che vive e lavora negli Stati Uniti, lì si è sposato con Anne e ha avuto due figli. Torna in Italia di rado. Sabina ha anche un’amica del cuore: Emilia, non vedente, segretamente, ma non troppo, innamorata di Sabina, che non la ricambia a quel livello, ma le vuole molto bene. Sabina è anche molto affezionata a Maria, sua coordinatrice di doppiaggio; Maria è stata mollata dal marito per una ragazza che ha l’età della loro figlia.
All’indomani della morte dei genitori di Sabina e Daniele, a poca distanza l’uno dall’altra, per la stessa malattia, Sabina comincia a fare strani sogni, sogni dove il padre la molesta; segue una progressiva ‘’allergia’’ al contatto fisico, specialmente con Franco. Parte quindi per gli Stati Uniti, deve fare chiarezza e le serve Daniele.

La Comencini trae un film da un suo libro, e ce la mette tutta. Infarcisce il film di personaggi (ben disegnati), storie (intrecciate così così) e argomenti d’attualità, anche scottanti (tanti, forse troppi). Evidentemente, il peso di tutto questo le fa dimenticare di dirigere gli attori, visto che una delle pecche più evidenti di questo film, del quale consiglio comunque la visione, visto il coraggio del linguaggio piuttosto esplicito, come quello di Maria (Una Angela Finocchiaro davvero scoppiettante, in un personaggio reale, tangibile, senza mezze misure, davvero superlativo. Una luce in mezzo a diverse prestazioni incolori), sono le prove degli attori principali (Mezzogiorno, Boni, Lo Cascio, Rocca), poco incisive rispetto alle potenzialità di alcuni di loro.
Anche le reiterate esplosioni di ilarità, affidate soprattutto alle battute della Finocchiaro, a bocce ferme si fa fatica a capire quanto servano al film; ci si diverte, si allenta la tensione che altrimenti sarebbe forte, ma si perde la forza della denuncia.
Qualche forzatura anche nella sceneggiatura, tipo la gravidanza di Sabina.
Nonostante tutto ciò, film coraggioso e rischioso, svolto con diverse pecche.
Un dubbio rimane: il jogging nel parco della Mezzogiorno, è un omaggio a Muccino, una presa in giro, oppure Giovanna ce l’ha per contratto una scena così?

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