No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20101214

find me guilty


Prova a incastrarmi – di Sidney Lumet (2006)

Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: bellabbestia vindise' cor parrucchino dé


New York, 1987, si apre il processo a ben venti membri della famiglia Lucchese, per 76 capi d’accusa. Il processo è ancora oggi ricordato come il più lungo della storia giudiziaria statunitense (durò 21 mesi), ma non solo per quello. Nonostante sia molto probabile che la decisione finale della giuria fu dovuta più ad errori dell’accusa che alle difese degli avvocati degli imputati, il processo è ricordato anche per la storia di Giacomo “Jackie Dee” DiNorscio. Unico dei 20 imputati ad essere già in carcere per traffico di stupefacenti, gli fu offerto un consistente sconto della pena a patto che testimoniasse contro il resto della famiglia dal procuratore distrettuale. Non solo Jackie rifiutò, preferendo sempre finire di scontare i 30 anni di carcere che affossare la famiglia, ma decise anche di difendersi da solo, non avendo ormai nulla da perdere, e, forse anche un po’ per autocompiacimento, conscio della sua istrionicità e del suo innegabile carisma, della sua forte personalità e della sua propensione alla battuta.


Lumet è un gran bravo regista, vecchio ed esperto; ha firmato grandi pellicole, ed è giusto ricordare almeno “Serpico”, “Quel pomeriggio di un giorno da cani” e lo straordinario “Quinto potere”, un film eccezionale e correttamente visionario. Ormai 82enne (all'epoca), ci offre adesso non certamente un capolavoro, ma senz’altro un buon film godibile e anche molto divertente, offrendo una grande occasione ad un attore, il protagonista indiscusso Vin Diesel, che fino a adesso si era distinto per il suo fisico e per la sua pelata, ma sul quale, lasciatemelo dire senza immodestia, avevo scommesso fin da tempi non sospetti. Sono contento che il buon Vin dimostri qui di aver sfruttato in pieno l’occasione. Leggermente ingrassato e con un parrucchino dal colore improbabile, Diesel domina in lungo e in largo la scena e dimostra di poter reggere tranquillamente anche film di un certo spessore.

Per il resto, la pellicola mette sinceramente a disagio semplicemente per il fatto che ci si ritrova a sorridere e a parteggiare spudoratamente per i mafiosi, tra l’altro completamente stereotipati, per la simpatia istintiva del personaggio di DiNorscio, mentre la figura del procuratore distrettuale è dipinta quasi come un incapace o giù di lì. Forse è questa la colpa che possiamo imputare a Lumet, il difetto del film, che rimane tutto sommato piacevole. Anche lui ha parteggiato spudoratamente per i mafiosi, ha evitato di essere equidistante evitando di mostrarci davvero cosa erano davvero quelle persone. Oltre lo stile sopraffino delle riprese, soprattutto nell’aula del processo, ci rimane dunque una grande prova di Vin Diesel e una sfilza di ottimi caratteristi; che Lumet sia un grande, ce lo dimostra perfino l’unica scena dove appare una bellissima e sensuale Annabella Sciorra, un minuto di altissima tensione sessuale senza che si veda nessun centimetro quadrato di pelle, se si eccettua la scollatura dell’attrice.

Per il resto, il sospetto che Lumet si sia divertito proprio ad essere politicamente scorretto. Vedere per credere.

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