No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20101116

noi


Noi credevamo - di Mario Martone (2010)


Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)

Giudizio vernacolare: un c'è da stupizzi se siamo 'osì oggi...


La difficile strada verso l'unità d'Italia, raccontata con l'espediente narrativo dell'affiliazione alla Giovine Italia di tre giovani del Cilento, Salvatore, Angelo e Domenico, di diverse estrazioni sociali, stufi della monarchia borbonica. Due di loro attraverseranno il 1800, e sfioreranno i personaggi che si citano sempre nei libri di storia a tale proposito.


Martone prende come base l'omonimo libro di Anna Banti, e, aiutato nella stesura della sceneggiatura da Giancarlo De Cataldo, affronta l'argomento dell'unificazione dal basso, cercando di mettere in luce alcuni episodi oscuri o trascurati dalla storia. Il film è senza dubbio interessante, il taglio televisivo, ma buono (anche la durata: oltre 200 minuti nella versione presentata a Venezia, poco meno di 3 ore in quella uscita nei cinema venerdì scorso), gli interpreti abbastanza all'altezza, anche se alla fine c'è poca empatia, poco coinvolgimento, nei confronti dei protagonisti: curioso, se si pensa che si parla del nostro paese, della sua nascita, in un certo senso.

Ma forse è proprio questo il punto, e non escluderei sia un problema soggettivo. E' però indubbio, che il film è attualissimo, e probabilmente non c'era bisogno di alcune puntualizzazioni immaginifiche di Martone (lo scheletro di cemento armato in Calabria, verso la fine del film), per capire due cose fondamentali.

La prima è che non siamo cambiati molto, e che una vera unità è ancora lontana. La seconda è che siamo sempre stati un popolo di banderuole, in maggioranza, abituato ad essere sottomesso.

Sono interessanti le posizioni aspramente critiche verso Mazzini, lo struggimento dello stesso per le vittime degli scontri, gli atteggiamenti "terroristici" di alcuni sostenitori dell'unità italiana (come uno dei protagonisti, Angelo), e a chi rivolgevano le loro "attenzioni", la figura affascinante di Cristina Trivulzio di Belgiojoso.

Un film che da italiani è bene vedere, anche se contiene, a livello tecnico e formale, tutti i difetti del cinema nostrano.

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