No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100412

localismi live

Gatti Mézzi, 20 febbraio 2010, Re Noir, porto turistico, Rosignano Solvay (LI)
Bobo Rondelli, 4 marzo 2010, Teatro Dante, Campi Bisenzio (FI)
Carnèigra, 6 marzo 2010, La Bodeguita, Livorno

Per rompere la routine della solita recensione, mi è venuta l'idea di "accorpare" questi tre eventi ai quali ho assistito, grazie alla vicinanza che accomuna i tre "soggetti" dei quali parleremo. Infatti, i Gatti Mézzi sono pisani ed orgogliosi di esserlo, Bobo Rondelli è diventato un po' un rappresentante della livornesità inesportabile, un soggetto orgoglioso di essere perdente, nonché profeta in patria per pochi e non mediocre fra tanti fuori dal perimetro labronico, mentre i Carnèigra guardano al mondo, musicalmente parlando, senza mai negare di essere livornesi.

Sarà perchè mi sento livornese, sarà per la location, bella per prendere un aperitivo (e vergognosamente vicina a casa mia, tanto che forse è la prima volta che vado a vedere un concerto a piedi), ma non per vedersi un concerto, ma i Gatti Mézzi non mi hanno esaltato, così come, al contrario, mi erano piaciuti sui loro dischi. Magari non ho ancora ben assimilato la loro ultima fatica Struscioni, che ovviamente negli ultimi concerti la fa da padrone, ma a mio giudizio vanno rivisti coadiuvati dagli altri strumentisti che ogni tanto si portano dietro (a Rosignano erano in formazione duo, il nucleo ufficiale della band, Francesco, chitarra e voce, e Tommaso, piano e voce), e soprattutto devono ancora trovare una loro personale via a questo loro essere per metà musicisti e cantori di una città che, come dicono loro, "prefuma di pesce ma anco della terra de' 'ampi", e per metà cabarettisti, o almeno raccontatori di aneddoti gustosi e divertenti, che intervallano i pezzi ma che pure li introducono, fatto sta che mi aspettavo di più, e la simpatia che provo per loro mi porterà senz'altro a rivederli in altre occasioni.
Se guardate sul loro myspace in questi giorni, noterete che la prossima data ce l'hanno insieme a Bobo Rondelli. Ebbene si, nonostante l'antica rivalità tra Pisa e Livorno, Bobo e i Gatti Mézzi hanno molte cose in comune, tanto è vero che una delle critiche che muovo ai pisani, è quella di assomigliare un po' troppo a Bobo. Pochi giorni dopo mi è capitato di vedere ancora una volta Rondelli dal vivo, in occasione di una serata commemorativa a proposito di Andrea Cambi, attore comico fiorentino, amico di Bobo, morto l'anno scorso per un tumore (a 47 anni), a Campi Bisenzio, e il confronto è impari. Bobo ormai è un personaggio "conclamato", e finalmente, vuoi perchè "si è dato una regolata", vuoi perchè probabilmente si è "messo in mano" a qualcuno che lo guida sapientemente, sta finalmente riuscendo a portare la sua poesia folle, delicata e strampalata, sempre più simile a quella di Piero Ciampi (del quale, come spesso accade, ci regala una splendida cover, Lungo treno del sud, un momento, credetemi, struggente e bellissimo), anche lontano da casa, e di questo, credo, ogni appassionato di musica dovrebbe gioire. La band è la stessa della quale vi ho parlato qui, ed è impeccabile, ma, e anche questo ve l'ho già detto, tutto ruota intorno a Bobo, e, chi non l'ha mai visto può non crederci ma è realmente così, perfino ai suoi silenzi, alle frasi che prova a cominciare ma non riesce a finire, alle risate anche involontarie che suscita, e che al tempo stesso evocano tenerezza. C'è poco da aggiungere, se non che si sente materialmente che il pubblico, anche quello di Campi Bisenzio, gli vuole bene, e gli permette tutto: ma del resto, a uno che sta portando in giro un disco di una bellezza estrema quale il suo ultimo Per amor del cielo, e che riesce a dare un tocco di poesia ad una storia di pedofilia, con la sua Giulio, canzone di repertorio, eseguita a grande richiesta e non solo cantata ma addirittura recitata fisicamente, come non farlo.
La riflessione conclusiva è che, tornando all'inizio, i Gatti Mézzi hanno ancora un po' di strada da fare.
Qualche sera dopo, l'occasione per rivedere i Carnèigra in una situazione molto local e quasi familiare, nella particolarissima cornice de La Bodeguita, giusto "in riva" ai canali (a Livorno si chiamano fossi) del quartiere della Venezia, è ghiotta. Tra l'altro, c'è pronto il disco nuovo, il terzo, ancora senza titolo e senza certezze alcune, e, me lo anticipa il cantante Emiliano proprio mentre ci salutiamo prima del concerto di Bobo, altre novità.
Le novità sono le seguenti: i Carnèigra sono diventati un trio. Emiliano oltre a cantare suona la tastiera, Matteo continua a suonare la chitarra e il chitarrista aggiunto, del quale continuo ad ignorare il nome, che si unì alla band alcuni anni fa, continua ad esserci ed a suonare strumenti a corda, non solo chitarre. E così, davanti ad un pubblico di amici e curiosi che affollano il locale, alcuni che mangiano ai tavoli di fronte al palco che non si può definire tale, riarrangiano i pezzi del loro repertorio, e presentano alcuni dei pezzi che saranno sul disco nuovo, sul quale scherzano, e denotano un ulteriore passo verso influenze balcaniche e greche soprattutto, senza abbandonare l'ironia livornese dei testi e una certa malinconia di fondo, mascherata da un sorriso. Conclude una sofferta Cutolo, un'ora e mezzo abbondante di buona musica che dovrebbe essere (più) conosciuta. La riflessione conclusiva è che anche chi cerca una via onesta e personale, quando si tratta di musica ed influenze, musicali e culturali, non sempre ha successo e, per così dire, vita facile.
Ma ci piace.

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