No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100315

the fish child


El niño pez - di Lucia Puenzo 2009


Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)

Giudizio vernacolare: so' tutti innamorati di una



Lala è una diciannovenne di buona famiglia, che abita in una zona elegante e tranquilla alla periferia di Buenos Aires. Il padre è un giudice, la madre una donna di mondo, il fratello di un anno più grande è in riabilitazione per problemi di dipendenza. Nella grande villa di famiglia, Ailín, detta la Guayi (dal fatto che è paraguaiana), di poco più grande di Lala, è a servizio della famiglia Bronté da oltre sette anni. A 13 anni se n'è andata dal suo villaggio, vicino al lago Ypoa.

Lala e la Guayi hanno una relazione, sono innamorate. Stanno pianificando una sorta di fuga verso il Paraguay, per costruirsi una casa sulle rive del lago, dove Ailín racconta esserci il bambino-pesce, e per finanziarla stanno rubando dalla casa dei Bronté gioielli e perfino quadri. Ma la Guayi è una ragazza esuberante, che non disdegna le "amicizie" maschili.


Secondo (e da me molto atteso) lungometraggio della 34enne argentina Lucía Puenzo, dopo l'esaltante debutto del 2007 XXY, questo El niño pez non convince fino in fondo, a dispetto di ottime prove recitative, una fotografia da sottolineare, e una discreta dose di coraggio nel mischiare più di un genere. E' in effetti difficile "definire" sotto quale "categoria" inserire questo lavoro; un po' road-movie, un po' gay-movie, un po' thriller, una storia d'amor fou a tenere tutto in piedi e una classica leggenda in bilico tra mito e religione, quella appunto che dà il titolo al film, che è un po' una caratteristica dell'intero Sud America. C'è spazio anche per una critica sociale, chissà, forse voluta forse no, verso il razzismo strisciante argentino verso i "vicini" (in questo caso i paraguaiani). Il film è montato a-cronologicamente, espediente già visto ma che contribuisce a prolungare la suspence e ad infittire il mistero su alcune relazioni che intercorrono tra i personaggi, nonchè ad "allungare il brodo" di una storia tutto sommato esile, ed è tratto dal racconto omonimo scritto dalla stessa regista nel 2004. Si avvale, nei ruoli principali, di quella che ormai è la sua attrice/feticcio, Inés Efron (Lala), qui ancora una volta alle prese con un ruolo androgino (ma che con Amorosa Soledad ha dimostrato di essere a suo agio anche con ruoli meno fuori dagli schemi, in quanto a sessualità, non certo a "stranezza"), e di una interessantissima scoperta, Mariela "Emme" Vitale (Ailín), oltre che attrice pure cantante, che nel film si esibisce in lingua guaranì (da qui un sommario paragone con i film della cilena Claudia Llosa, Madeinusa e Il canto di Paloma, che "usano" e scoprono il talento "etnico" di Magaly Solier, cantante di lingua quechua), coppia che contribuisce a creare una non indifferente tensione sessuale, in questa storia chiaramente morbosa ed a tratti "malata". Da segnalare inoltre, nonostante il minutaggio ridotto, le apparizioni di Ailín Salas, già in XXY anche lei, nei panni della Guayi 13enne.

Bella dicevamo la fotografia; a parte gli sfondi della parte girata in Paraguay o nel Nord argentino, lussureggiante, è molto bella e "fiabesca" quella "carica" ed evidentemente ritoccata della parti in riva al lago.

Nonostante ciò, il film manca di qualcosa, e nonostante la breve durata (poco più di 90 minuti) soffre di diversi momenti di stanchezza, oltre che di supponenza e di sovraccarico di stili. La mano della Puenzo rimane felice e promettente, ma non bissa il grande esito del suo strepitoso debutto.

Film mai uscito in Italia.

Nessun commento: