No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20091130

such a night


Paolo Nutini + Will and the People, venerdi 27 novembre, Firenze, Saschall


Liquidiamo subito i preliminari: apre il concerto un duo dal nome Will and the People. O meglio: comincia un tizio, del quale non ricordo il nome, con i capelli più brutti dell'anno, con la chitarra e un bicchiere di Red Bull e vodka, che canta canzoni che somigliano moltissimo a quelle che fa Jack Johnson. Dopo qualche pezzo, anche piuttosto carino, col pubblico che pare già coinvolto in maniera esagerata, entra on stage il suo partner, tastiere e campionamenti, e i pezzi si fanno sempre più noiosi. Alla fine, risulta dura sopportare 50 minuti di Will and the People.


Passiamo all'attrazione principale della serata. Breve "cappello": mi era piaciuto il primo disco di Nutini, These Streets, perfettamente in bilico tra pop sofisticato e r'n'b di gran classe, ispirato ad Al Green e soci. Ovviamente, il grande successo e, soprattutto, la potenzialità pop dello scozzese (ma con il bisnonno di Barga, Lucca), mi facevano pensare ad un proseguimento di carriera verso un qualcosa di sicuramente commerciale. E invece.

Come sostenuto da subito, il secondo disco Sunny Side Up è un'opera coraggiosa, proprio perchè sarebbe stato veramente facile, per Nutini, sfornare un disco con 3-4 singoli e fare definitivamente il botto. Invece, eccolo qui con 3 sold out su 4 date italiane, e con la quarta spostata da un locale da 2000 posti a uno da quasi 9000, causa la grandissima richiesta di biglietti, davanti ad un pubblico che, molto probabilmente, nella stragrande maggioranza dei casi, ignora i punti di riferimento che ispirano la musica di Paolo. Situazione strana, se ci pensate, ma vera, e tipica dello sbandamento del mercato musicale.


Dal punto di vista strettamente cronachistico, la serata è divertente, con alcuni punti negativi da segnalare. Nutini si presenta sul palco accompagnato da una band composta da sei elementi, chitarra acustica, chitarra elettrica, basso, batteria e due ai fiati. Buoni musicisti, nessuno che spicca sugli altri, ma con una discreta coesione. La sua voce, quella di Paolo Giovanni Nutini da Paisley, Glasgow, Scozia, è incredibilmente bella e "ricca", per essere la voce di un ventiduenne: mi ricorda tantissimo quella di Rod Stewart. E dal momento che attacca 10/10, canzone che apre Sunny Side Up così come il concerto di stasera, mi rendo conto che non è un bluff, è proprio sua ed è, se possibile, anche migliore che su disco.


Il concerto dura un'ora e mezzo, dalle 21,30 alle 23,00 più o meno, e Nutini "fa fuori" quasi tutti i pezzi dei due dischi più un pezzo che non sono riuscito capire se è una cover o un inedito (Sleepwalking), bella, se mi passate la definizione un southern folk, e tre cover: in ordine di esecuzione Such a Night (scritta nel 1954 da Lincoln Chase, portata al successo da Johnnie Ray, cantata anche da Elvis), Down In Mexico (The Coasters) e la più recente Time To Pretend, della band newyorkese MGMT, cantata con i fogli con su scritto il testo tra le mani.


I pezzi del primo disco sono un po' riarrangiati, mentre per quelli del secondo ci si affida solo alle variazioni della voce di Nutini; il problema è la resa, non regolare, un po' altalenante, alcuni brani molto ben eseguiti, altri un po' tirati via, velocizzati troppo e quindi poco controllati (New Shoes, per esempio), altri veramente toccanti (No Other Way, strepitosa). Occorre esperienza, probabilmente qualche cambio di musicisti, occorre che Nutini diventi il capitano della band e che la band lo segua e faccia quel che dice, occorre che per ogni pezzo ogni musicista ci metta un pezzo di cuore: ne vale la pena. Le potenzialità di questo artista sono ancora in parte inespresse, e io ci credo: può arrivare lontano. Porta dentro la sua musica, e dentro la sua voce, una serie di influenze così vasta e interessante che fa venire i brividi, ed è in grado di dar loro nuova linfa, basta ascoltare le sue canzoni. Probabilmente, dovrebbe correre il rischio di perdere una parte del suo pubblico, magari quello che non riesce a stare un'ora e mezzo senza fumare, ma pretende di aprire le uscite antipanico, cosa vietata, e praticamente fumare sulla soglia, lasciando entrare un freddo novembrino misto al fumo, che i non fumatori sono così felici di non dover più respirare. Oppure quelli così impegnati a voler sembrare ubriachi, che aspettano soprattutto pezzi come Pencil Full Of Lead per ballare come tarantolati col cellulare acceso in mano (magari con una luce che sembra un faro navale), per far registrazioni o per far sentire agli amichetti a casa, ma magari si mettono a parlare a voce altissima su Growing Up Beside You, rovinando la magia, per dire.

Non voglio apparire snob o supponente, è solo una speranza. La speranza è che il percorso sia verso chi riconosce che questo cantante paga dazio ad Al Green come a Johnny Cash, ed a altri nomi e voci importanti. Magari rinunciando a grandi incassi.

Chissà se ce la farà.

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