No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090527

l'anticristo


Antichrist - di Lars Von Trier 2009


Giudizio sintetico: per palati forti e disposti alla sfida


Mentre di notte lui e lei fanno l'amore con grande trasporto, il figlioletto si sveglia, li vede, loro non se ne accorgono, e il bambino curioso sale sul davanzale della finestra aperta (in una notte di neve), cade e muore. Il bambino ha 4, 5 anni. Una tragedia devastante.

Lei cade in una profonda depressione, le mancano le forze, viene ricoverata. Lui, apparentemente meno addolorato, più razionale, forse troppo, di professione psicoterapeuta, dopo circa un mese dove non si nota nessun miglioramento, contro tutte le raccomandazioni e l'etica professionale, la fa uscire dall'ospedale e decide di curarla da solo.

Inizia una curiosa elaborazione del lutto "guidata", un po' per entrambi. Quando lei gli racconta un sogno, lui decide che è arrivato il momento di esorcizzare le di lei paure: si recano nella Foresta di Eden, dove possiedono una casa di campagna. Nel suo sogno lei ha paura di attraversare un piccolo ponte di legno che conduce al sentiero per la casa, inoltre la inquieta la tana della volpe che è situata sotto un vecchio albero, vicino alla dimora. La casa contiene ancora ricordi piuttosto vivi, soprattutto per lei: è lì che si era ritirata l'estate precedente (lei accusa lui di non essere voluto andare, mentre lui sostiene di aver pensato che lei voleva isolarsi), insieme al piccolo, per scrivere la sua tesi di laurea sulla figura della donna nella storia, la sua demonizzazione, la persecuzione contro le streghe, tesi che poi non ha terminato.

Dopo altri giorni di dolore, scontri, pianti, urla e disperazione, lei sembra migliorare. Lo dice apertamente e attraversa il ponte di legno senza paura, passa davanti alla tana della volpe senza tremare.

Sarà davvero così?


Come forse avrete letto, gran parte della critica ha massacrato questo nuovo lavoro di Von Trier immediatamente dopo il suo debutto a Cannes. Il film è stato fischiato, il pubblico ha riso sonoramente durante la proiezione. Probabilmente, capiterà anche a voi, se non di ridere voi stessi, di incontrare spettatori che rideranno durante la visione. Non saranno solo risate classiche di esorcismo verso la paura e lo shock. Questo però dovrebbe farci riflettere. La stessa cosa ho fatto io durante tutto il tempo nel quale ho fatto decantare questo Antichrist. Ho letto perfino recensioni cattive, che mi hanno fatto ridere, recensioni che, ad esempio, sottolineavano quanto il prologo somigliasse a un videoclip di Beyoncé, oppure il fatto che per praticamente tutto il film i due protagonisti non portassero mai le mutande. E' tutto vero, ma, credeteci o no, c'è di più.

E' un po' troppo scontato dire che il regista danese ha fatto un film appositamente provocatorio e disturbante, così, per esorcizzare a sua volta la depressione che, pare, lo abbia assalito negli ultimi tempi. Scorrendo la sua filmografia, è fin troppo facile accorgersi che la provocazione è il suo marchio di fabbrica.

Il mio giudizio sintetico è volutamente vago, perchè so benissimo che una buona parte di chi avrà il fegato di andare a vedere il film rimarrà deluso. Tutte le cose di Von Trier spiazzano e mettono alla prova. Ti costringono a chiederti perchè uno che ha comunque incontrato favori della critica ma anche del pubblico, provi a rendersi ridicolo. Io per primo ho fortemente dubitato della costruzione "filosofica" del film, quando, nella parte centrale, rivela il perchè del titolo.

Forse è anche vero che Von Trier, questa volta, ha davvero chiesto molto ai suoi spettatori. E non perchè l'ultima mezz'ora del film contiene una sequela di scene a tratti disgustosamente splatter, termine che (e torniamo a quanto detto poco prima) spesso confina col ridicolo, bensì perchè il tutto è una sorta di lunga seduta psicanalitica dove si mettono sul tavolo i rapporti tra uomo e donna lungo il corso della (sanguinosa) storia della cosiddetta civiltà, un tavolo dove aleggia, come aleggia pesantemente ogni giorno della nostra cosiddetta vita civilizzata, la presenza del senso di colpa cristiano/cattolico, con tutte le sue conseguenze che inquinano prima di tutto il nostro modo di affrontare il sesso, il lutto, la perdita, il confronto tra i sessi.


Mi fermo qui perchè mi rendo conto di essere piccolo, davanti al lavoro di un artista come questo. Non ho abbastanza conoscenza per discettare sulle implicazioni, sui richiami, sui rimandi.

Vi basti sapere che il film è diviso in capitoli, come fu per Le onde del destino, tanto per dirne uno, che ci sono richiami fortissimi alla pittura di Bosch o citazioni di Friedkin, Lynch, Bergman, oserei dire perfino Pasolini, che è dedicato a Tarkovskij, che è tecnicamente perfetto, visivamente superiore, spiazzante anche solo da questo punto di vista, e non solo perchè ormai da tempo Von Trier ha rinnegato il manifesto che lui stesso fondò (Dogma), e di conseguenza usa qualsiasi mezzo tecnologico possa esistere per stupire, appunto, visivamente (ammirate i fondali della foresta durante i movimenti di macchina che riprendono i due protagonisti su quello sfondo), ma anche perchè il prologo (la scena di sesso e morte iniziale, patinata, in bianco e nero virato in verde, con primi piani non solo dei visi e delle smorfie di piacere, e soprattutto, in mega-slow-motion) e il proseguimento sono completamente diversi nello stile. I due protagonisti, come forse saprete, sono Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg, e sono strepitosi, semplicemente. Il fatto che la Gainsbourg sia spessissimo nuda e alle prese con amplessi e masturbazioni non ha fatto altro che dare un valore aggiunto al film, dal mio personalissimo punto di vista, dato che adoro questa donna dal viso assolutamente contrario alla bellezza come si intende normalmente; gli affezionati lettori lo sapranno già.


Quando un film divide così profondamente la critica e il pubblico, secondo me c'è sempre di che insospettirsi positivamente. I curiosi sono avvertiti.

Non è un film per tutti, decisamente. Probabilmente è per pochi. Ma, sempre probabilmente, Lars Von Trier è uno dei pochi cineasti veramente intellettuali che ci siano in giro in questo momento.

Se vi pare poco.


Vi segnalo, fra le molte recensioni che ho trovato interessanti, questa, con relativi interessanti commenti:

1 commento:

Filo ha detto...

Non so se avrò il coraggio di andarlo a vedere.