No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090125

Vratné lahve


Vuoti a rendere - di Jan Sveràk 2009


Giudizio sintetico: si può vedere


Praga, oggi. Josef è un professore ultra-sessantenne che, a causa dell'insolenza delle nuove generazioni, non sopporta più il suo lavoro di insegnante. Reiterando una strana punizione inflitta ad un alunno, coglie l'occasione della ramanzina da parte della Preside e lascia il lavoro. La moglie (dal nome impronunciabile), ex insegnante di tedesco, è colpita dalla decisione improvvisa, e preoccupata sia dal fatto che il marito sia insofferente a casa, sia che il loro rapporto di oltre 40 anni stia irrecuperabilmente andando alla deriva. Josef invece vuole mettersi ancora alla prova, si sente pieno di vita nonostante gli acciacchi dell'età. Si mette alla ricerca di un lavoro, e prima trova lavoro come pony-express in bicicletta. Un incidente mette fine molto presto alla sua carriera nel campo. Josef non si dà per vinto, e casualmente trova un altro lavoro in un supermercato. Lì, affinando il suo atteggiamento positivo verso la vita, diventa un punto di riferimento per molti, ma si allontana sempre più dalla moglie; inoltre, continua ad avere fantasie erotiche su altre donne molto più giovani.


Ennesima collaborazione in casa Sveràk: il figlio Jan regista, il padre Zdenek attore protagonista e sceneggiatore. Terza parte della trilogia sulla vita, dopo Obecnà Skola del 1991, mai uscito in Italia ma premiato all'estero, e Kolya del 1996, che ha fatto conoscere gli Sveràk anche in Italia e ha guadagnato, tra gli altri premi, l'Oscar come miglior film straniero, questo Vuoti a rendere esce solo adesso dopo essere stato programmato in aprile del 2008 qui da noi, ma poi bloccato.

Film piacevole, semplice, buonista e positivo, lancia messaggi sul senso della vita e su come vivere una vecchiaia serena, ma scorre con qualche difficoltà, nonostante le piacevoli (ma telefonate) gag comiche, soprattutto a causa degli intermezzi onirici (di Fellini ce n'è stato uno solo...) e a causa di una certa verbosità che, paradossalmente, non comunica il senso di "scoperta" che assale il protagonista quando impara a citare meno libri e ad usare più il buon senso.

Le prove attoriali sono sufficienti, non eccelse, e in definitiva si coglie che c'è ancora qualche problema di incomunicabilità tra il cinema dell'Europa dell'Est e quello al quale siamo abituati. Magari è un problema nostro. Ma questo lavoro non dispiacerà, anche se lo dimenticheremo presto.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good