No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080909

just a perfect day


Un giorno perfetto - di Ferzan Ozpetek 2008


Giudizio sintetico: da evitare come la peste


Antonio è un (ex?) poliziotto, capo scorta dell'onorevole Fioravanti, impegnato in campagna elettorale (ma inseguito dalla magistratura). Entrambi hanno, in famiglia, chi aria di crisi, chi una crisi ormai conclamata. Maja è la (giovane bella e di classe) seconda moglie di Fioravanti, incinta da poco ma, evidentemente, insicura sul padre. Aris è il primogenito di Fioravanti (la madre/moglie si è suicidata), frequenta Giurisprudenza svogliatamente (ha velleità artistiche) e prende voti alti agli esami quando i prof. aprono il libretto e deducono che "è figlio di"; Maja e Aris paiono un po' troppo complici. Emma è la moglie (ormai separata) di Antonio, vive con la madre Adriana e i due figli Valentina e Kevin, non vuole più tornare con Antonio perchè lui la picchia(va?), nonostante il loro sia stato un grande amore. Piccolo particolare: Antonio non paga gli alimenti e vive in un bell'appartamento centrale a Roma, al contrario di Emma, Adriana, Valentina e Kevin. Tutti i personaggi, bambini compresi, sono alle prese con dubbi esistenziali, alcuni addirittura sull'orlo di crisi nervose o peggio (vedi Antonio). Tra di loro, casualmente, si aggira la dottoressa Silvana e Mara, l'insegnante di Valentina.


Un critico dovrebbe essere super partes e non lasciarsi andare, probabilmente. Visto che non lo sono, posso dire con una certa autorevolezza, datami dalle reazioni delle 10 persone (circa) presenti in sala (e, naturalmente, da quella specie di prurito che mi ha colto per tutta la proiezione, nonché dalla sensazione di imbarazzo per quello che passava sullo schermo), che Ozpetek ha veramente rotto i coglioni, definitivamente, dopo il già insopportabile Saturno contro. Evidentemente, i primi film del regista italo-turco ci avevano tratto fortemente in inganno, oppure, più semplicemente, si sta lasciando andare al suo lato eccessivamente melodrammatico, scontato, ripiegato sugli stereotipi e nazional-popolare.


Ancora una volta, scorrendo le critiche "accreditate", si nota che, a parte autorevoli voci fuori dal coro, la critica nostrana tende a non vedere i difetti, mentre quella estera dipinge perfettamente il disastro. Per la prima volta alle prese con un soggetto non suo (il libro omonimo di Melania Mazzucco), il regista anche tecnicamente si fa completamente prendere la mano da un eccesso di emotività, a partire dalla pomposa scena iniziale; insiste sui primi piani dei protagonisti perennemente sofferenti e, quel che è peggio, anche se tratteggia i profili psicologici dei molti caratteri, non riesce a rendere omogenea la storia fino alla seconda parte (sembrano due storie separate con qualche sottotrama accennata, in pratica i vari personaggi del film "corale" stentano a compenetrarsi) e non è capace di sottrarre lo spettatore al pensiero di aver già capito, fin dall'inizio, come andrà a finire (a parte il fatto che, vista l'eccessiva prolissità, alla fine ci si ritrova davvero a desiderare che la si faccia finita una buona volta). I dialoghi, al contrario, soprattutto nella seconda parte, diventano man mano sempre più tendenti al ridicolo, letteralmente imbarazzanti. E poi, i risvolti e i colpi di scena tipo soap, che rendono difficoltoso non scoppiare a ridere (osservate la scena tra Aris e Maja, verso la fine, quando lui fa chiudere e poi riaprire gli occhi a lei, e poi ditemi se non vi viene da pensare che il regista non abbia più ben chiaro il confine del senso del ridicolo; oppure l'accenno di ironia sui ballerini gay mentre Adriana - Stefania Sandrelli - fa le carte ad una vicina: da un regista gay che ha trattato - fin qui - tematiche gay in maniera seria - o, almeno, ci ha provato -, non me lo sarei mai aspettato).


Nonostante ciò, le prove di alcuni attori risultano positive. Non è facile, vedi le parti di Isabella Ferrari (Emma, che ormai pare abbonata ai ruoli di semi-baldracca, femme-fatale de' noantri, truccata pesantemente ma con urgente necessità di una scuola per camminare sui tacchi alti, nonostante li continui ad ostentare) e di Monica Guerritore (Mara), rinchiuse nello stereotipo della donna non più giovane vessata dalla stronzaggine degli uomini e quindi perennemente dolenti come Madonne. Ma ad esempio Valerio Mastandrea ci appare un gigante, nella parte allucinata di Antonio.


Un film da dimenticare in fretta.

1 commento:

Anonimo ha detto...

così ti voglio ale