No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080710

Lucio 3



parte 2






Lucio con lui, una sera a Bologna



«Rubare alle banche non è rubare. Sono loro che rubano a noi»






E’ piccolino e con la faccia incazzosa, da contadino diffidente. Le mani sono grandi e spellate dagli acidi, gli occhi due fessure da faina.


«Tu chi sei, per chi scrivi?».


Quando gli dico «Liberazione» ha un piccolo guizzo del sopracciglio. Spaccio il giornale per “cugino” dell’omologo francese. E finalmente Lucio fa un mezzo sorriso e mi invita a bere un bicchiere.


«I giornalisti possono essere anche persone perbene, ma hanno troppo potere, fanno parte del sistema capitalistico».
Dall’espressione che ha sul volto, decido di non ribattere.
«Lo sai da dove nasce la festa del primo maggio?».
Ho capito, le domande le fa lui.
«Dalla prima manifestazione sindacale dei Labours di New York?».
«Stronzate», risponde. «Tutto inizia con la morte di otto anarchici, i martiri di Chicago, uccisi dallo Stato americano per una colpa che non avevano commesso».
E da qui, Lucio prende il via.
«E pensare che gli Stati Uniti sono stati creati da una banda di miserabili! Oggi è il paese più ricco e più imbecille del mondo. Sai, non è che sono contro il fatto che uno stia bene. Quello è giusto. Ma la ricchezza crea la povertà, e la povertà è funzionale alla ricchezza».
«Sai cosa ci fanno con i soldi i ricchi?».
Si intervista da solo, non riesco a inserirmi.
«Ci fanno la guerra. Con quello che spendono in una settimana di bombe io potrei costruire mille
scuole a Haiti».
Sta esagerando? E’ un megalomane? Conoscendo quello che Lucio ha fatto nella vita, ci viene il dubbio che parli sul serio. Magari lui ci riuscirebbe.
«Anne (sua moglie, attivista di movimenti umanitari, ndr) è ad Haiti in questi giorni. Lì vivono
nella miseria più nera. E non c’è modo di fargli arrivare aiuti consistenti. Del resto, anche in America c’è chi se la vede brutta. A New Orleans c’è gente che sta morendo, proprio ora, di fame e di freddo».
Lucio, tu però non hai mai appoggiato nemmeno i tentativi - diciamo - di realizzazione del socialismo reale. Qual è allora, secondo te, il modello per una società più giusta?
"Se qualcuno lo sapesse, avremmo risolto il problema. E’ che bisogna tentare diverse strade. Partendo da alcuni presupposti".
Per esempio?
"Ognuno dovrebbe per prima cosa lavorare seriamente, farsi un esame di coscienza e imparare a fare sempre il proprio meglio, secondo giustizia. Già questo cambierebbe tante cose. Io poi viaggio ancora tanto. Negli ultimi mesi sono stato in Argentina, Uruguay, Brasile. Ecco, in America latina stanno succedendo cose interessanti. A Porto Alegre, ad esempio, fino a qualche tempo fa l’affare dell’immondizia era gestito dalla mafia, che la trasformava in droga. Oggi, un
gruppo di lavoratori ha fondato una cooperativa anarcosindacalista. Sono in sessantamila e si autogestiscono tutto, prendono stipendi uguali di 500 reais al mese (circa il doppio di uno stipendio medio-basso) e con quello che resta aiutano i movimenti dei Sem terra. A Buenos Aires invece c’è un albergo, l’Hotel Bauer, autogestito da 150 lavoratori. Sono andato a trovarli, le cose gli funzionano molto bene. Vedi, si inizia con cose piccole. Ma se funziona, il sistema si può provare su scala più ampia".
Cosa ha significato, per te, essere un muratore? In fondo, è la cosa di cui vai più fiero, nella vita.
"Perché è grazie al mio lavoro che ho imparato a creare. I poveri sono dei creatori, fanno dal nulla. Dovrebbero essere tutti fieri di questo. Io sono davvero orgoglioso del mio mestiere di muratore. Mi ha insegnato tutto quello che so".
Tu non hai studiato, da ragazzo. Quindi non è la cultura che ti ha guidato nelle scelte. Mi puoi dire cosa davvero ha spinto i tuoi passi?
"Senti, a essere sincero io non lo so perché mi è successo tutto questo. Se avessi la fede forse troverei una risposta più facilmente. Ma non ce l’ho. So che quando sono arrivato a Parigi a vent’anni non sapevo nemmeno lavarmi le mani. Oggi tengo lezioni alla Sorbonne e mi invitano a cena all’Eliseo. Cosa sia successo in mezzo non sempre mi è chiaro".
Ti fa piacere frequentare il bel mondo?
"No, quasi mai. Però se ci sono degli amici che tengono alla mia presenza, allora vado".
In cosa consiste ora la tua attività di anarchico?
"Cerco di parlare con i giovani ogni volta che mi è possibile. E di aiutare chi ne ha bisogno, per come posso".
E con Anne, come va?
"Litighiamo in continuazione, lei non mi regge più. Però io ancora “la quiero con una locura insoportable”.
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Vincitore del Biografilmfest

“Lucio”, docu-film firmato dai registi baschi Aitor Arregiù e Jose Goenaga


Se abbiamo avuto la possibilità di conoscere e incontrare un personaggio come Lucio Urtubia, lo dobbiamo al Biografilm Festival di Bologna. Uno di quei festival “marginali” in Italia, capace di far
circolare sapere, arte e umanità a volte più - e meglio - dei grandi festival. Bellissima l’idea di base, che l’ideatore e direttore artistico, Andrea Romeo, spiega così: «In un’epoca in cui i media ci
propongono come modello la quotidianità dei reality show non ci resta che recuperare exempla
che abbiano saputo resistere all’erosione della storia, e vite che meritino di essere raccontate».
Giunto alla sua quarta edizione, il Biografilm si è concluso ufficialmente il 15 giugno scorso, con la vittoria appunto del documentario “Lucio”. In realtà, propaggini “off ” della rassegna sono attive a Bologna ancora per tutto luglio. Gran parte del programma dell’ultima edizione e delle precedenti è visionabile anche via internet, sul sito www.biografilm.it. Nella foto, la locandina del film.

fine

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto interessante, che tipo....

jumbolo ha detto...

già.

Anonimo ha detto...

A volte non si sa bene se sia consapevole appieno di cosa abbia combinato, mentre si nota più il cruccio di non essere arrivato, dopo una vita del genere, a darsi la grande risposta, ovvero il fine da perseguire