No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080122

all american man


American Gangster - di Ridley Scott 2008




Giudizio sintetico: si può perdere




Frank Lucas è l'autista di Bumpy Johnson, il boss malavitoso di Harlem; è sempre con lui, lo ammira e lo rispetta, è con lui anche nel momento della sua morte. Nonostante fosse un'autista, si sente l'unico in grado di raccogliere la sua eredità, ma decide di farlo con un basso profilo, ma con intelligenza. Sbaraglierà la concorrenza nell'importazione di eroina, tagliando gli intermediari, con uno stratagemma clamoroso. Sulle sue tracce, il detective Richie Roberts, poliziotto dalla vita privata incasinata ma integerrimo fino a farsi odiare dai colleghi sul lavoro. Finale a sorpresa.


Strano percorso, quello di Ridley Scott. A lui dobbiamo un capolavoro assoluto (Blade Runner), ottimi film (Thelma & Louise, Il gladiatore, Black Rain), film inutili dove però dimostra di essere un maestro della regia (Black Hawk Down), film inguardabili (Soldato Jane, Un'ottima annata, 1492: la conquista del paradiso). Questo American Gangster è probabilmente da incasellare nella categoria "film inutili con grande regia", ma ognuno avrà poi la sua opinione.

American Gangster insegue, ancora inutilmente direi, uno strano obiettivo, morboso perfino: dimostrare la grandezza degli Stati Uniti sui due fronti della battaglia della droga. E' anche per questo, credo, che la tragedia del Vietnam, "usata" dal boss Lucas, rimane sullo sfondo soprattutto come contraltare esotico all'ambientazione cittadina di Harlem, tra l'altro anch'essa poco sfruttata, se non per fare sfoggio di inquadrature complicate, difficili, esercizi di stile insomma (seppur ammirevoli, ma riservate a conoscitori e addetti ai lavori). Morboso, oserei dire, risulta anche il tratteggio delle due figure protagoniste, che mettono sullo schermo una dicotomia stucchevole e stereotipata: il boss malavitoso spietato e furbo ma tutto casa, chiesa e famiglia, e il poliziotto bravo e integerrimo ma fallito nella vita privata, sciupafemmine, disordinato fino al caos totale e pessimo o quasi inesistente padre. Sarà forse per questa serie di forzature telefonate, che il film, denso di avvenimenti e fin troppo lungo, non riesce mai veramente ad appassionare lo spettatore, ad avvincerlo, come invece, tanto per dirne una, riusciva a fare con Il gladiatore, una storia tutto sommato infarcita anch'essa di luoghi comuni, ma capace di far immedesimare del tutto chi si poneva alla visione.


Perfino le prove attoriali, con due protagonisti del calibro di due premi Oscar come Denzel Washington (Frank Lucas) e Russel Crowe (Richie Roberts), risultano buone, ma non esaltanti. Un film piatto, nonostante le premesse tutt'altro che modeste. Si salva la regia, come detto, e la colonna sonora, decisamente black. Un po' poco per una scorpacciata di Oscar.
Per parafrasare la locandina, Il padrino era decisamente un'altra cosa.

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