No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20061211

la morte di pinochet vista da skarmeta

antonio skarmeta, lo scrittore cileno de il postino, scrive un brano sulla morte del dittatore pinochet, eccola:

QUAND'ERA al culmine del suo potere, Pinochet immaginava centinaia di cospirazioni ai suoi danni, organizzate dai "siñores politicos".
Per qualche strana ragione, non si sa se dentale o stilistica, non riusciva a pronunciare correttamente la parola "señores". E per dimostrare la volontà dei "siñores politicos" di distruggere la libertà e l'ordine che sosteneva di rappresentare, in un celebre discorso pronunciato al Club conservatore de la Unión, si fece promotore di letture rivoluzionarie: "Bisogna leggere Lenin, "siñores"".

Leggere "Linin" per individuare con chiarezza le tattiche terroristiche dei suoi avversari. Non si sbagliava. Sono stati i "siñores politicos" cileni d'ogni tendenza - chi prima, chi con molto ritardo - a ridurre l'uomo forte a feticcio di una dozzina di anziane signore. Immagino che questo discorso dominerà la stampa di oggi: il dittatore Pinochet è morto politicamente assai prima della sua morte fisica. Per usare un'immagine cara al folclore cileno, la pannocchia si è sgranata un po' alla volta. Alla fine i suoi alleati sono rimasti in pochi come i denti nella sua bocca. È stata questa la sua sconfitta. Quando, nel 1989, la democrazia fu restituita al Cile, chi prima lo aveva appoggiato prese le distanze da lui per rendersi compatibile con le nuove regole del gioco.

Fin dal plebiscito che nel 1988 lo aveva estromesso dal governo, gli votò contro lo stesso Sebastián Piñera, noto imprenditore di destra. Ma la novità di quest'anno è che oramai, sia pure tardivamente, persino Joaquín Lavín, il leader più conservatore della destra, ha preso le distanze dal generale. Avendo perso le elezioni presidenziali del 2000 contro il socialista Ricardo Lagos col 48% dei voti, Lavín spera ancora di riuscire a convogliare forze sufficienti per farsi eleggere alla presidenza; e quindi ha ritenuto di prescriversi una forte dose di despinochetización.

Non a torto, una compunta signora, fedele al generale, si è presentata davanti all'ospedale dove il suo idolo stava agonizzando con in mano un piccolo cartello confezionato alla buona, con la seguente accusa: Derecha dormida, Pinochet te salvó la vida (destra addormentata, Pinochet ti ha salvato la vita).

Oltre ai suoi familiari, e a questa stoica signora che col suo cartellino in mano ha sopportato i 32 gradi della primavera cilena, non c'è nessuno a piangere per Pinochet. È giusto allora dire che il generale è morto molto prima di morire? Un fatto però è certo: quel cartellino non è la sola cosa che resta di lui in Cile.
Con lo stile della sua ritirata, Pinochet è stato determinante per il carattere attuale, praticamente di "unità nazionale", del governo cileno. A parte alcune questioni legate ai "valori", quali l'aborto, l'eutanasia o la pillola contraccettiva, su tutti gli altri temi regna tra governo e opposizione un consenso di base, soprattutto in campo economico. Sia i presidenti socialisti sia i democratici che li hanno preceduti hanno incassato le ovazioni degli imprenditori.

L'uomo si è ritirato a piccoli passi. Quando il popolo lo ha respinto col plebiscito del 1988, si è riservato il titolo di Comandante in capo delle forze armate. Quando ha concluso il suo mandato militare, conferitogli da una Costituzione da lui stesso confezionata su misura, si è fatto nominare senatore a vita della Repubblica. Quel seggio, lo occuperebbe ancora oggi se non avesse avuto l'idea peregrina di recarsi a Londra, dove una disposizione tempestiva del giudice spagnolo Garzón lo trattenne per le sue reiterate violazioni dei diritti umani.

Il mondo applaudì con giubilo. Alla fine un dittatore del calibro di Pinochet, il cui regime si era reso responsabile di innumerevoli sparizioni, torture, fucilazioni indiscriminate e arbitrarie e decine di migliaia di licenziamenti, costringendo all'esilio centinaia di migliaia di cileni, sarebbe stato giudicato lontano dalla protezione dei suoi camerati.
Ma la gioia fu di breve durata. Lo stesso governo democratico cileno intraprese passi ufficiosi nei confronti delle autorità britanniche per ottenere che quell'anziano "malato, moribondo", fosse rimpatriato per essere giudicato in Cile.

Quando mise piede sul territorio nazionale, all'aeroporto di Santiago, accolto con squilli marziali dai suoi compagni d'arme, si sollevò come Lazzaro dalla sua carrozzella per andare ad abbracciare il suo successore, il Comandante in Capo di Santiago. Un giornale ironizzò sull'evento con un titolo geniale, richiamandosi a un celebre film con Sean Penn, Dead man walking (Il morto che cammina).

Fu poi effettivamente chiamato a rispondere di vari reati, per alcuni dei quali i processi sono tuttora in corso. Ma alle condanne seguivano le assoluzioni. Frattanto i cileni ancora restii a riconoscere le sue malefatte dovettero convincersi che Pinochet era stato un baluardo contro i comunisti, ma non contro la corruzione. Oltre alle atroci violazioni commesse contro i diritti umani, fu portata a conoscenza dell'opinione pubblica anche una serie di conti segreti che dimostravano il suo coinvolgimento in episodi di corruzione.

Il dittatore ebbe allora la buona idea di assentarsi dalle sessioni del Senato. Ma se alla lunga alcuni dei suoi seguaci sono finiti in carcere, Pinochet in persona non è mai stato dietro le sbarre.

Diciamolo chiaramente: la democrazia non ha mai avuto la forza di mettere Pinochet sotto chiave. Anzi, diciamolo anche più chiaramente: la democrazia cilena non ha mai voluto incarcerarlo. Quest'ambiguità è forse la più sublime strategia di consolidamento di un'unità nazionale che spiega la tanto celebrata stabilità e il benessere del Cile di oggi.

Oggi è morto Pinochet: un uomo che ha distrutto la vita di molte famiglie cilene: il suo brutale golpe fu una risposta sproporzionata ai problemi, pure reali, della società del 1973. La sua eredità è dunque più poderosa, e più sottile di quanto recita il piccolo cartello dell'anziana solitaria davanti all'ospedale. Una cosa è certa: Pinochet è finito solo, perdendo la sua battaglia. In questo senso i "siñores politicos" hanno fatto un ottimo lavoro - che abbiano o meno letto "Linin". E tuttavia, la sua fuga finale da una giustizia che non abbiamo potuto o voluto fare ci coinvolge nella sconfitta, e nella tristezza.

Nel Giulio Cesare, davanti al cadavere dell'imperatore, Marco Antonio sentenzia nel suo discorso funebre: "Il male fatto dagli uomini sopravvive alla loro morte, il bene che hanno fatto viene sepolto con le loro ossa". Seppelliamo Cesare.

1 commento:

lafolle ha detto...

bhe non l'ho scritta io, ma skarmeta...comunque si. una bella testimonianza.