No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060507

yeah!!


Yeah Yeah Yeahs – Show Your Bones

Occhio a questo nuovo degli YYY, proprio un bel dischetto. Il secondo per la band di NY, dopo l’esordio al fulmicotone “Fever To Tell” di un paio di anni fa. Rallentano i ritmi leggermente, ma in verità non sono mai stati dei corridori, se in caso dei passisti molto ma molto energici. Gold Lion in apertura ha un retrogusto country, e introduce quella che alcuni recensori hanno già definito svolta acustica, a mio parere un po’ esagerata. In effetti, a conti e ascolti fatti, questo lavoro è meno suonato con le chitarre distorte, ma non per questo perde di intensità; se lo suonerete ad alto volume, vi dimenticherete della spina, in qualche occasione staccata. Gli YYY picchiano duro ugualmente, anche se leggermente più controllati, non necessariamente un male. Tornando all’opener, gli armonici del ritornello sanno di autoscontro della fiera di paese. La voce di Karen O è sguaiata e allo stesso tempo sotto controllo, in senso positivo. Way Out cresce pian piano e aumenta l’elettricità un po’ per volta, la batteria secca e prepotente di Brian scandisce marziale, e introduce Fancy pomposamente, le chitarre di Nick volano basse e pompate. Li accomunano agli Strokes ma siamo in un altro padiglione. Gli assolini, sempre di Nick, sono stacchi horror. Uno stacco col pianoforte, ma il pezzo è davvero teso e chitarroso. La successiva Phenomena è un bel pezzo che non ti aspetteresti dagli YYY: intro di batteria e sospiri, urletti di Karen, riff che sa di tutto ma ci sta bene. Continua sincopata fino alle pennate libere tra il bridge e il ritornello, e ti fa muovere la testolina. Honeybear sembra Jon Spencer pop misto a una colonna sonora di un poliziesco anni ’70, Cheated Hearts vibra come una filastrocca elettrificata, e la voce di Karen leggermente effettata è il valore aggiunto, sinuosa e altalenante, ti prende per mano tra pop e punk. Dudley è Maps parte seconda, quasi intensa come lei, profuma vagamente di new wave, la chitarra è cupa ma va dritta al cuore, Mysteries è una cavalcata punkabilly, The Sweets sembra un riempitivo ma assume un senso nel finale straziante, così come Warrior, leggermente più elettrica. Chiude Turn Into, leggera e spensierata. Molto bella.
Sempre pensando alla mediocrità imperante, un disco non uguale al primo, che cerca di conservare adrenalina anche suonando un po’ meno forte. Imperdibili e trascinanti dal vivo, dategli fiducia se amate il rock, anche un po’ retrò.

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