No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060215

la vita è questione di culo, dice Woody


Match Point – di Woody Allen 2006

Chris è un ex tennista professionista, ancora molto giovane, bello, colto, educato, dalle buone maniere; parla sempre a bassa voce. E’ irlandese, di origini umili, il tennis lo ha elevato, ma era stufo della competizione, così dice al colloquio di lavoro con il quale si apre il film. Il posto è come istruttore in un elegantissimo club londinese: la sua intenzione è di vivere a Londra.
Conosce così Tom Hewett, rampollo di una famiglia super benestante, un po’ annoiato, ma che lo prende immediatamente in simpatia. I due hanno subito un buon feeling, sembrerebbe l’inizio di una storia gay, se non fosse che i due sono irrimediabilmente etero; infatti, alla prima uscita nella quale Chris viene presentato alla famiglia, all’opera, Chloe, la sorella di Tom, si innamora a prima vista di Chris, che ovviamente non rimane insensibile. La storia prende una piega positiva, nonostante durante un fine settimana nella villa di campagna degli Hewett, Chris conosca, dapprima senza sapere che è la fidanzata di Tom, Nola, avvenente e sensuale aspirante attrice americana, e se ne invaghisca, soprattutto preso da una fortissima attrazione fisica.
Chris è benvoluto dagli Hewett, al contrario di Nola; difatti, Chris nel giro di poco tempo convola a nozze con Chloe, entra a far parte dell’azienda di famiglia e si lancia in una carriera bruciando le tappe, mentre Nola, con la quale fa l’amore in un pomeriggio di pioggia dopo un litigio di lei con la madre di Tom, viene scaricata e scompare. Tom si sposa con un’altra, molto più inquadrata e quindi non invisa alla madre, Chris e soprattutto Chloe diventano ossessionati dall’avere un figlio.
All’improvviso però, Nola riappare in città, e Chris parte per l’attacco definitivo. Diventano amanti fissi, fino a che il paradosso trionfa: Chloe continua a non rimanere incinta, e Nola comunica a Chris di esserlo. Il castello di sabbia sta per crollare.
C’è sempre un piacere sottile, difficilmente descrivibile, che prova l’appassionato di cinema davanti ad un film di Allen. Anche prima di sedersi in poltroncina, si sa che si riderà, che si rimarrà ammirati davanti alla tecnica, all’ascoltare i dialoghi, ed infine, per i giorni a seguire, si rifletterà sulle tematiche sollevate.
Certo, ultimamente la miscela si era un po’ affievolita, e qualche sospetto affiorava anche nei più fiduciosi. Questo “Match Point” riconcilia decisamente con il maestro Allen; riconcilia perfino quelli che, come me, amavano l’Allen più cupo e problematico di “Hannah e le sue sorelle”, “Io & Annie” e addirittura di “Interiors” e “Settembre”, senza per questo apprezzare e godere delle prove più divertenti.
Si ride poco, si pensa molto durante questo ultimo Allen. Un po’ tragedia greca, un po’ Dostoevskij, il bello di Allen è che fa cinema colto, con riferimenti, appunto, letterari, filosofici e addirittura lirici, ma perfettamente fruibile anche da chi non ha una base culturale forte. Ogni filmografia, in fondo, ci parla delle sue problematiche; quelle della civiltà occidentale evoluta sono quelle dei sentimenti, o meglio, della mancanza di questi.
Inutile tessere oltremodo le lodi di questo film; sceneggiatura perfetta, fotografia ottima, taglio personale che riprende Londra un po’ come Allen faceva con “la sua” New York (i parchi, i ponti), attori giusti diretti in modo ammirevole. Rhys-Meyers agghiacciante nel suo perbenismo ipocrita, Johansson diversa da qualsiasi altro ruolo fin qui recitato, i co-protagonisti perfetti nelle loro maschere di contorno.
Incipit suggestivo, finale sbalorditivo. Un applauso, Woody è tornato.