No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20051111

la teoria dei cerchi concentrici

SEGRETISSIMO
Con Mattei cominciò il mistero all'italiana
di ANDREA PURGATORI

Mezzo secolo di misteri italiani. Ovvero, di delitti perfetti nella loro imperfezione. Dove finti colpevoli, sospetti e scenari in sovrapposizione continua non rappresentano il limite della variante, bensì la sublimazione dello schema. Dove l'obiettivo non si esaurisce nell'istante dell'esecuzione ma produce i suoi frutti migliori nel tempo che segue. Sotto forma di ricatti e veleni da capitalizzare e gestire, che spesso producono altri delitti. Un albero genealogico di delitti. Che si apre con la morte di Salvatore Giuliano poi sale su per gli anni e i rami, tra stragi e uccisioni eccellenti. Ma si sa, tutto ha un prezzo. Figurarsi i delitti di Stato (o nello Stato). Corrado Guerzoni, fedele collaboratore di Aldo Moro, provò a spiegare la variante del delitto perfetto nella sua imperfezione con la teoria dei cerchi concentrici. Disse: "Non è che l'onorevole X dice ai servizi segreti di andare a Piazza Fontana e mettere una bomba... Al livello più alto si dice: il Paese va alla deriva, i comunisti finiranno per andare al potere. Al cerchio successivo si dice: sono preoccupati, cosa possiamo fare? E si va avanti fino all'ultimo livello, dove c'è uno che dice "ho capito". E succede quello che deve succedere. Così, nessuno ha mai la responsabilità diretta. E se vai a dire all'onorevole X che lui è la causa di Piazza Fontana, ti risponderà di no. Anche se in realtà è avvenuto proprio questo processo, per cerchi concentrici".
Mettiamo il caso Mattei. E insieme a Carlo Lucarelli, di cui sta per uscire da Einaudi Misteri d'Italia , proviamo a fare il percorso, da cerchio a cerchio. Per vedere se almeno in questa storia lunga quarant'anni la parola fine si riesce a mettere, una volta. Enrico Mattei, presidente dell'Eni, muore il 27 ottobre 1962 a Bascapè. Nell'incidente del suo aereo, insieme al pilota personale (Irnerio Bertuzzi) e a un giornalista della rivista Time (William McHale).
Lucarelli, lei definisce il caso Mattei il "mistero dei misteri". Perché?
"Perché è proprio lui a inventare e sperimentare una serie di meccanismi che alimentano il grande gioco dei ricatti italiani, con l'uso spregiudicato dei soldi pubblici per finanziare e determinare la politica. Con lui comincia quella logica di governo legata alle tangenti, al condizionamento della politica, della stampa, da parte di una multinazionale del potere con alla guida un manager che è uno dei padri fondatori della Prima Repubblica".
Quindi Mattei lo possiamo raccontare come un eroe abbattuto perché combatte contro i mulini a vento oppure come la prima anima nera dell'Italia repubblicana.
"Sì, in lui c'è questa ambiguità tra l'ideologia, un progetto, che può essere un progetto politico personale o una visione del mondo, e questa parte oscura. E ti viene da pensare che anche tutti quegli altri, anche tra i fascisti di Ordine nuovo c'è sempre questa commistione tra persone che fanno cose tremende e hanno una loro ideologia, un loro progetto nella testa. Mi vengono in mente certi vecchi generali delle SS che dicevano: "Noi lo facevamo per il terzo millennio, per il Terzo Reich, perché era quello che andava fatto". E probabilmente anche il golpista Borghese poteva avere un'idea di questo genere. Ecco, Mattei è stato uno dei primi. Ma volendo la stessa cosa puoi trovarla in Craxi".
Torniamo allo schema perfetto, cioè ai meccanismi di imperfezione che vanno messi in moto. La fotografia della scena del delitto Mattei è piena di figure che arrivano a Bascapè quando ci sono ancora i resti dell'aereo per terra e ancora piove, che impersonificano le varie categorie di personaggi che possiamo poi ritrovare da Piazza Fontana alla stazione di Bologna, da Pecorelli al caso Moro...
"Ci sono i servizi segreti, ci sono giornalisti di tutti i tipi, i testimoni, gli investigatori privati che non si sa mai bene che ruolo hanno. Ci troviamo direttamente le parti in causa e poi i testimoni. E anche questo è un caso paradigmatico perché nel caso Mattei hai un testimone che arriva e dice una cosa, poi ne dice un'altra, poi ne trovi altri che dicono una cosa diversa e se torni indietro e riprendi quelli che non sono stati sentiti dicono un'altra cosa ancora. E poi in tutto questo paradigma c'è una presenza che non c'è, ovvero un'assenza: sono i politici, perché non ci sono mai. Ma ci sono i loro rappresentanti".
Nel caso Mattei, per come stanno le carte, gli scenari possibili quali sono?
"Intanto oggi sappiamo che a provocare l'incidente è stata una bomba e non un errore umano o un guasto tecnico. Una bomba che doveva scoppiare al momento in cui si abbassava il carrello. Una bomba che non può che essere stata piazzata a Catania, da dove l'aereo è decollato".
In Sicilia non metti una bomba su un aereo, senza la complicità diretta o indiretta della mafia. Soprattutto nel 1962.
"Appunto. Ma questa è la fase dell'esecuzione. Partiamo dal primo cerchio, quello del problema che viene posto. A chi dava fastidio Mattei?".
Alle Sette Sorelle del petrolio.
"Con cui però stava trovando un accordo. Io metterei sul tavolo altre due carte. La politica interna e quella internazionale. E le tangenti. Con Mattei al centro".
Le tangenti ai partiti politici italiani...
"Mattei finanziava quasi tutte le correnti della Dc, finanziava personalmente molti esponenti democristiani. Ma a un certo punto decise che questo flusso di denaro doveva spostarsi a sinistra, verso Moro e la sua visione del ruolo dell'Italia. Mattei aveva aperto ai Paesi arabi, aveva aperto all'Unione Sovietica, credo immaginasse un'Italia neutrale persino rispetto alla Nato. Un progetto intollerabile per gli americani. Ma mi domando: è stato un italiano a porre il problema Mattei? No, la questione è stata posta da qualche altra parte, da chi comanda, a Washington...".
Ci troveremmo di fronte a uno dei tanti esempi di sovranità limitata.
"Certo. Mattei viene ucciso in piena crisi dei missili a Cuba, in piena contrapposizione tra Ovest ed Est. Potevano gli Stati Uniti accettare che un uomo spostasse gli equilibri strategici nel Mediterraneo, consegnando l'Italia al nemico o, nel migliore dei casi, facendola diventare la bandiera dei non allineati?".
Il problema viene posto a Washington, ma il cerchio seguente porta in Italia.
"Dove sono in molti a temere il potere di Mattei, l'intelligence che ha costruito e che gli ha consentito di trasformare l'Eni in uno Stato nello Stato, con ramificazioni all'estero. Una multinazionale capace di fare politica più e meglio del governo. Qualcuno, in Italia, dice: "Va bene". Ma va bene anche alle Sette Sorelle, non dovranno più spartire la torta del petrolio in otto. Va bene ai nazionalisti francesi dell'Oas, che in Mattei vedono l'alleato più pericoloso del Fronte di liberazione algerino. Va bene a un sacco di gente. Va bene persino ai nemici interni di Mattei. Dopo la sua morte, Eugenio Cefis rientrerà all'Eni e ne prenderà il posto. Sarà lui a firmare per la distruzione dei resti dell'aereo precipitato e anche del suo gemello. Sarà lui ad assumere il testimone chiave, la cui intervista passerà al telegiornale muta. Lui aveva visto l'esplosione in cielo. L'inchiesta avrebbe preso una piega diversa".
Nel penultimo cerchio, la mafia accetta di eseguire il delitto.
"In cambio di qualcosa, naturalmente. Di una contropartita interna, negoziata coi cugini americani. La mafia di quegli anni è la stessa che ha consentito lo sbarco in Sicilia, è imparentata con la Cosa Nostra che infiltra l'amministrazione a Washington. Sono le ombre che tutti possono vedere anche dietro l'assassinio di Kennedy".
L'ultimo cerchio è quello di Bascapè. La bomba esplode, l'aereo cade...
"E sul posto arrivano i soliti sospetti. Ciascuno rappresenta un'imperfezione nel delitto perfetto. Perché a ciascuno è demandato il compito di alzare una parte di polverone. Il vero capitale del delitto è proprio questo, il seguito, la sua coda, le carte nascoste, i ricatti da fare. E chi lo ha gestito, ne ha certo tratto grandi benefici. Il caso Mattei è tutto qua, fine del mistero. Volendo".

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